Verso l’empatia del comunicare
Di Carlo Infante -
carlo@teatron.org
Li chiamiamo Personal Computers e non caso il rapporto uno a uno
intrapreso con il mouse che innesca la navigazione interattiva non
lascia margine di dubbio: il rapporto con i nuovi media è personale.
Se questo è chiaro facciamo ora, per un attimo, una considerazione
più ampia.
Il secolo scorso, il Novecento, si è concluso con i primi
scricchiolii della società di massa basata sui modelli industriali:
ciò dovrebbe spingerci a proiettarci verso nuove condizioni di
socialità possibile.
Quali?
Iniziamo magari a riflettere sui processi molecolari dello scambio
sociale e non più quelli molari, delle masse o delle classi.
Molecole sociali, entità particolari, targettizzabili come certe
logiche del marketing esprimono non del tutto a torto.
Nei confronti di questa realtà di nuova ricomposizione antropologica
si sta attivando una trasformazione epocale dei sistemi di
comunicazione che stanno delineando una condizione di forte ed
inedita strutturazione sociale e produttiva.
Sì, produttiva: l’ambito della comunicazione non è più un dato
sovrastrutturale ma determinante per lo sviluppo futuro.
Dai canali tematici delle tv a pagamento (che in Italia a differenza
di tanti altri paesi stentano a decollare, se non fosse per il
calcio...), a Internet e l’info-mobilità nel suo complesso.
Stiamo entrando nella Società dell’Informazione e, nonostante la
generale inconsapevolezza di quello che possa rappresentare, stanno
accadendo delle radicali ma sottili mutazioni.
I mass-media imperano ancora ma i segnali della "mediamorfosi" sono
ormai evidenti: l’orientamento verso la targetizzazione e la
personalizzazione dei processi comunicativi è il dato di maggiore
pregnanza. Abbiamo a che fare sempre più con i my-media, sempre più
prossimi a noi.
Lo sviluppo esponenziale della telefonia cellulare è l’elemento più
caratterizzante, ed il fatto più netto da rilevare è che mai come
ora un terminale di comunicazione è stato così vicino all’individuo
e al suo corpo. |
A questo punto si tratta di dare respiro a delle progettualità
socio-culturali ed educative capaci di esprimere una coscienza
dinamica dei valori d’uso di queste opportunità, per agirle e non
subirle.
Sono opportunità che non si compiono da sole: sta a noi, a partire
dalla nostra soggettività, saperle interpretare per creare modelli
di società possibile, fondati sul principio evolutivo dell’equa
condivisione del bene comune. Questo bene comune avrà molto a che
fare con lo scambio delle informazioni e principalmente con la
capacità di trasformarle in conoscenza e competenza.
Un obiettivo che dovrà essere fatto proprio dal mondo della scuola,
la soglia d’entrata nella società del futuro delle nuove
generazioni.
Nella Società dell’Informazione il principio di cittadinanza
riguarderà sempre più la capacità di selezionare ed elaborare
informazioni, piuttosto che consumarle.
Se il sistema educativo deve formare cittadini, la sperimentazione
sulle forme di elaborazione e gestione on line delle informazioni va
considerata almeno quanto la didattica, se non di più.
Fenomeni come i “blog” (i diari di bordo on line), o le “smart mobs”
(le azioni sul territorio che giocano con l’info-mobilità) o i
“performing media” (come li definisco, coniugando spettacolarità e
comunicazione interattiva) sono solo dei segnali di come si possa
sperimentare se stessi in una strategia di creatività connettiva che
liberi energia sociale e nuovi progetti di sviluppo.
Si tratta di esprimere le potenzialità dei my-media: per
ridare senso alla comunicazione, finalmente intesa non solo come
“comunicare a” bensì come “comunicare con”. Con l’altro da sé: “one
to one” o meglio ancora da tanti a tanti, in una tensione culturale
che attraversi l’avanzamento tecnologico con una coscienza espansa
di empatia reale, inter-umana. |