Innovazione territoriale mediante i new media
Di
Melina Ruberti
Intervista a Carlo Infante, autore
di Performing Media 1.1
Ho incontrato Carlo Infante autore e teorico di
azioni territoriali di azioni culturali di comunicazione multimediale
e marketing territoriale finalizzati alla interpretazione di nuove
potenzialità della Società dell’Informazione.
D.: Hai scritto di recente due libri dedicati al concetto
di performing media. Puoi riassumere il fenomeno e la sua evoluzione
dal tuo punto di vista?
R.: Non sono un uomo del libro. Tendo a scrivere
come parlo e questo rende arduo il lavoro di ricomposizione della
scrittura nel suo assetto lineare: i concetti ritornano, s’intrecciano
e a leggerli appaiono ridondanti. L’oralità
è combinatoria, procede a spirale. Avete presente
Ascanio Celestini il narratore delle periferie romane?
I libri sono comunque fondamentali per fissare le idee, stanno fermi
mentre tutto si muove.
Nel mio libro linko però ad un forum dove risiedono le note
a margine e ad un blog che aggiorno continuamente.
Uno degli aspetti più importanti del libro è la sua
funzione di back up: salva la memoria di un percorso
incessante e complesso, multidimensionale.
Il concetto di performing media parte dalla mia esperienza sviluppata
nell’arco di quasi trent’anni come critico militante
del teatro di ricerca connesso al mondo radiofonico e video
per approdare ora ai nuovi contesti del social networking dove proiettato
un’idea particolare di happening ed interaction design strettamente
connessi tra loro. Credo infatti che la creatività oggi sia
fondamentalmente sociale, tesa cioè a reinventare l’idea
di spazio pubblico estendendolo al web, declinando
la complessità dell’evoluzione tecnologica in intelligenza
connettiva.
D.: In che modo?
R.: Uno dei modi migliori per misurarci con questa
complessità è quello di raccogliere e interpretare
gli impulsi e le competenze della società civile
(“la società dei saperi e dei pareri”),
per sviluppare piattaforme collaborative che mettano in rete le
potenzialità partecipative dei cittadini.
In questo quadro è pienamente inscritta tutta la necessità
d’inventare nuovi ambiti per la produzione di socialità,
attivando opportunità in cui, accanto ai servizi ad alto
valore aggiunto tecnologico, servirà una creatività
capace di interpretarli, nel creare nuovi modi, nuovi linguaggi,
nuovi format come quelli che definisco Performing Media.
Per creare questi nuovi modi, e nuovi mondi, occorrono anche parole
nuove su cui è opportuno riflettere, per capire ciò
che ancora non ha evidenza.
Una di queste è social tagging: uno dei
concetti-chiave per comprendere la nuova fase della rete.
Vi si sottende una nuova pratica connettiva già delineata
con il fenomeno diffuso dei blog e che di fatto rilancia qualcosa
che si fa da sempre nel web: l’ipertesto. E’ quindi
una pratica di link: la connessione continua di frammenti di testo.
Il dato cardine da rilevare è nel fatto che emergono dal
testo, come la panna dal latte, le parole chiave, i concetti affioranti.
E qui inizia il gioco delle libere associazioni che danno senso
ad un concetto come quello di “ipertinenza”,
coniato da Derrick De Kerchkove per intendere
la capacità d’espandere le pertinenze interpretando
le possibilità ipertestuali della rete.
Le parole chiave vengono associate tra loro dall’azione connettiva
degli utenti che ne condividono la pertinenza in un ambiente ipertestuale
come la rete in cui è integrata anche la loro esperienza
cognitiva diretta. L’informazione si fa sempre più
glocal, globale come la rete e locale come la soggettività
degli utenti che vi trasferiscono la loro interpretazione, e fondamentalmente
con azioni nel territorio che rilanciano l’idea stessa di
happening. E’ in questo senso che emerge il format del real
social tagging inteso come performance sul campo che utilizza i
link attivi di matrix-code (una sorta di codici
a barre che trasmettono automaticamente ad uno smart-phone grazie
al software pre-installato) disseminati nel territorio.
Questa è una delle sperimentazioni di performing media previste
dal laboratorio sui nuovi modi di cittadinanza digitale, nato dall’incontro
di Acmos, Libera e teatron.org, che con la definizione
di Performing MediaLab www.performingmedia.org/lab/pie
inaugura una stagione di ricerca sull’uso sociale e culturale
dei nuovi media.
O per altri versi l’attività svolta in Salento in occasione
dela Notte dela Taranta in questi anni, con i diversi videoblog
www.performingmedia.org/lab/salento
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D.: Di recente hai amplificato
la tua attività di promotore di eventi soprattutto nell’ambito
del performing media. Puoi spiegarci da cosa nasce questa esigenza
e quali sono le caratteristiche della tua azione?
R.: Sono ancora
un critico militante, come negli anni ottanta.
Non esprimo solo una funzione teorica o intellettuale (categoria
in cui mi sento molto stretto) ma tendo a promuovere e produrre
opportunità, come ho fatto per anni, prima nel video e nella
radiofonia, poi nell’editoria multimediale e nel web e ora
con l’invenzione di nuovi format di comunicazione
pubblica interattiva.
L’innovazione non viene data va presa. Va presa l’iniziativa,
espandendo energia, partecipativa.
D.: Sembra che al centro del tuo interesse vi sia sempre
più l’indagine sui fenomeni legati all’innovazione
territoriale. Puoi illustrarci qualche iniziativa futura?
R.: Come dicevo nel concetto di Performing Media risiede una tensione
creativa che non riguarda più solo la sperimentazione dei
nuovi linguaggi ma la capacità di inventare Società
dell’Informazione: fare società interpretando
le condizioni in atto che non solo si rivolgono verso l’economia
dell’immateriale ( i media, fondamentalmente) ma che guardano
alle peculiarità dei nostri territori, con tutte le loro
valenze tradizionali, culturali, paesaggistiche ed enogastronomiche,
per rilanciare in un piano di comunicazione innervato ad un marketing
strategico, la cosiddetta Innovazione Territoriale.
E’ in questo contesto che va intesa l’idea di Performing
Media, in quanto ambito di confine tra il sistema della cultura-spettacolo
e quello della comunicazione multimediale, con uno switch in più:
quello che permette di cogliere la “performatività”
insita nei nuovi media interattivi, intercettando fortemente
il mood giovanile.
Riguarda esplicitamente aspetti come il social networking,
la comunicazione wireless ad alta banda, l’edutainment,
la formazione on line, l’interaction design
e i nuovi format connessi all’Innovazione del Territorio.
Performing media è una parola nuova per ciò
che prima non c’era: una Società dell’Informazione
che s’invera in un’interattività multimediale
tradotta in sociale interazione.
Ciò tende a sviluppare una nuova tensione culturale, promuovendo
nuove forme di cittadinanza,
come quelle su sui stanno operando i Performing Media Lab www.performingmedia.org/lab.
Un’ipotesi è quella di far nascere un Performing Media
Lab anche nel Lazio, dopo quelli che sono nati in Piemonte ( sulla
scia delle Olimpiadi, prima con www.glocalmap.to e
ora con www.geoblog.it e le iniziative con
Acmos che già citato) e in Salento.
Un centro di ricerca (supportato da un archivio e un blog partecipativo)
che guardi sia all’ambito della nuova creatività sociale
sia a quello delle imprese attente allo sviluppo pubblico dei sistemi
innovativi che valorizzino il territorio, per rimettere in carreggiata
il sistema-paese.
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