Di
Fabrizio Pecori
Quello che mi piace delle grandi storie di viaggio è che, proprio
come questa - più modesta - che sto per raccontarvi, forse
non sono mai completamente vere, pienamente oggettive… ma hanno
spesso il privilegio di catturare l’attenzione, destare stupore,
indurre a riflettere…
Ho incontrato il capitano Achab, proprio come potrebbe capitare
a voi, su uno degli innumerevoli pescherecci che varcano gli oceani
di tutto il globo. Come non riconoscere nel volto solcato dalle intemperie
e dalle avventure lo stereotipo del pescatore di tanta letteratura?
Certo adesso, nel nuovo Millennio, il suo battello ed il suo corpo
si sono arricchiti di nuove “protesi mediatiche” concepite
per agevolare la comunicazione e la navigazione. Nella sua cabina
il capitano Achab può contare su un telefono cellulare
di ultima generazione, un radar per lo scandaglio del fondale ed un
sofisticato impianto GPS che colloquia a getto continuo con i satelliti
per fornire la posizione del battello con uno scarto di precisione
di pochi metri.
Vista da questa prospettiva la sua vita potrebbe apparire meno avventurosa
ed interessante; tuttavia anche lui è afflitto, seppure in
un modo del tutto peculiare, dal problema delle onde.
Sì, perché tutti questi strumenti, anche se posti in
stand by, entrano fastidiosamente in risonanza con il suo
apparecchio acustico, provocando in certi momenti una vera e propria
deriva elettromagnetica.
Molti degli apparecchi ai quali ci affidiamo quotidianamente per la
comunicazione, il lavoro, l’intrattenimento… sono sorgenti
di onde elettromagnetiche ed in quanto tali soggetti a reciproche
interferenze e contaminazioni. Avrete certamente notato che poco prima
che un telefonino cominci a squillare possiamo coglierne l’indizio
da altoparlanti o da schermi di televisioni e computer. Dato che anche
il nostro cervello è, a suo modo, un “circuito elettrico”
è più che ragionevole supporre che l’uso, soprattutto
se congiunto, di tutti questi apparecchi possa in qualche modo influenzarlo,
se non addirittura danneggiarlo. Ma su tutto ciò, la ricerca
scientifica non pare avvertire l’urgenza di fornire le necessarie
risposte.
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Mentre il buon vecchio capitano
può sempre contare sul conforto di una buona pesca o sull’emozione
di alzare gli occhi al firmamento stellato, i nostri media center
o le altre mille possibilità offerte da una domotica in sempre
più rapido avanzamento (Bluetooth, Wi-Fi, UMTS in
testa) sono a mio modesto avviso una ben più magra consolazione.
Non mi si fraintenda: non voglio in alcun modo suggerire di arrestare
lo sviluppo tecnologico, solo di non trascurare lo studio della
nostra mediatica balena bianca. Perché è
ovvio che qualsiasi sviluppo (tecnologico, sociale…) può
essere affrontato nei termini di una sua percorribile sostenibilità
e, come ben sottolinea Meg (la ex cantante dei
99 Posse):
se non provi a spostare
l’orizzonte un po’ più in là
i sogni non coincideranno mai
con la realtà.
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