My MEDIA

Osservatorio di Cultura Digitale
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DanceMe

Febbraio 08, 2011 By: admin2 Category: Comunicazioni

ombrello

Perypezye Urbane

Media Collective

presenta

DanceMe

http://www.danceme.org/ 

 

Progetto di ricerca cross-mediale sulle arti performative realizzato grazie a una rete di giovani creativi e a una piattaforma web.

Una riflessione su quello che il web 2.0 e i nuovi media possono offrire alle performing arts.

Una discussione aperta sul rapporto tra arte e diritto d’autore e sui creative commons.

Un incentivo alla creazione di una rete di relazioni e scambi sulla performance contemporanea.

 

Entra nel vivo DanceMe, progetto annuale (giugno 2010 – luglio 2011) promosso dall’associazione culturale Perypezye Urbane di Milano, che vuole, da un lato, avviare una riflessione sul rapporto tra arte e diritto d’autore e, dall’altro, rispondere all’esigenza di una più ampia collaborazione tra chi produce contenuti artistici e chi ne fruisce, dando il via a una vera e propria community delle performing arts contemporanee che elegge il web a luogo di scambio e relazione.

12 i partecipanti: 6 performer, 2 musicisti, 2 critici, 2 videomaker – tutti al di sotto dei 35 anni e selezionati tramite bando – che si confronteranno a turno con la realizzazione di una performance attraverso un processo di creazione concatenato dalla connotazione contemporaneamente live e web.

COMPONENTE LIVE: il progetto prevede un sistema di residenze artistiche in cui ciascun performer, in collaborazione con i musicisti, i videomaker e i critici, creerà una performance solista presentata al pubblico al termine della residenza.

Focus del progetto è la possibilità di costruire il proprio lavoro su quello degli altri, seguendo le regole dei Creative Commons (creativecommons.it), licenze che offrono agli autori la possibilità di condividere in maniera ampia le proprie opere, con la libertà di porre limiti sul loro utilizzo o sulla loro rielaborazione.

Fonte d’ispirazione per il primo performer è l’assolo Trio A di Yvonne Reiner; ogni partecipante s’ispirerà poi al progetto immediatamente precedente operando liberamente un remix del materiale coreografico, musicale o visivo, per realizzare un lavoro ‘derivato’, ma del tutto personale, nel pieno rispetto dei creative commons.

La creazione coreografica diviene quindi patrimonio comune ‘indossato’ di volta in volta da un artista diverso.

La prima performance, Rerererewriting di Luna Paese, Mariano Leotta e Dario Congedo, è stata presentata il 29 ottobre, nell’ambito della Festa del Teatro 2010.

Da una rilettura del lavoro del primo gruppo, gli artisti successivi hanno gettato le basi per la loro personale riflessione artistica in scena il 22 dicembre presso lo Studio28 di Milano con il titolo I PONG. Prossimo appuntamento il 19 febbraio con il performer Davide Manico.

 

COMPONENTE WEB: ogni partecipante di DanceMe condivide il proprio iter creativo attraverso la piattaforma web del progetto (http://www.danceme.org/) che permette agli artisti di pubblicare pensieri, testi, musiche, video e altre fonti d’ispirazione e al popolo di internet di dare feedback, suggerimenti e ulteriori suggestioni.

Per DanceMe il web, (o, meglio, il web 2.0) è quindi terreno privilegiato di interazione, mentre i media digitali assurgono a veri e propri ambienti del sapere, non solo strumenti di trasmissione di idee, ma agenti di una nuova sensibilità culturale.

Su queste basi DanceMe intende dare il La a una vera e propria community creativa e critica che utilizzi la piattaforma e il web come occasione d’interazione e relazione produttiva, di discussione, collaborazione e ricerca sui linguaggi delle performing arts contemporanee che, attraverso internet, possono diventare fenomeno di convergenza culturale che prescinde dall’esperienza e dalle competenze del singolo.

 

CULTURE DIGITALI

DanceMe si è avvalso della collaborazione di Apogeo, casa editrice da sempre molto attenta agli sviluppi di nuovi media, per proporre un ciclo d’incontri, dal titolo Culture Digitali, con 5 professionisti che lavorano e  studiano dall’interno il nuovo universo culturale offerto dalla rete.

Gli incontri hanno fornito nuove chiavi per “leggere” internet, per aprire nuove porte e nuovi interessi, anche professionali, fornendo strumenti utili e concreti per muoversi nel web, coagulando attorno ad essi il nuovo movimento culturale della x-media (cross media) generation, dei cosiddetti nativi digitali.

Programma

–         20-22 Maggio 2010: Elvira Berlingieri – Legge 2.0

–         27-29 maggio 2010: Roberto Maragliano – Parlare con le immagini

–         10-12 giugno 2010: Sergio Maistrello – L’informazione e i nuovi media. Il giornalismo al tempo del citizen journalism.

–         17-19 giugno 2010: Letizia Sechi – Editoria digitale.

–         24-26 giugno 2010: Max Giovagnoli – Crossmedia. Le nuove narrazioni

 

CALENDARIO DELLE PERFORMANCE

 

>>29 ottobre 2010

Rerererewriting

Coreografia e interpretazione Luna Paese

video Mariano Leotta

musiche Dario Congedo

>>22 dicembre 2010

I PONG

Coreografia e interpretazione Paola Ponti

Musiche Giulio Escalona

Video Isobel Blonk

>>19 febbraio 2011

Coreografia e interpretazione Davide Manico

video Isobel Blank 

musica Giulio Escalona

 

>>8 aprile 2011

Coreografia e interpretazione Annalisa Rainoldi

Musiche Giulio Escalona

Video Isobel Blonk

>>28 maggio 2011

Coreografia e interpretazione Anja Piotrowska

video Mariano Leotta

musiche Dario Congedo

>>8 Luglio 2011

Coreografia e interpretazione Riccardo Meneghini

video Mariano Leotta

musiche Dario Congedo

 

Ogni progetto si avvale anche del contributo dei due critici: Luisa Ruggio e Cristina de Falco

Per maggiori informazioni sulle performance e contribuire alla loro creazione www.danceme.org

 

 

 

 

 

CREDITS

Ideazione e direzione artistica: Giovanni Sabelli Fioretti e Giuseppe Esposito

Amministrazione: Valeria Bottiglieri

Ufficio stampa: Sara Prandoni; sara.prandoni@gmail.com, mob. +39 328 7060717

Con il sostegno di Fondazione Cariplo, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano – Tempo Libero, Apogeo, Festlab, Opendoor

 

CONTATTI

Perypezye Urbane c/o Studio28

Via Moretto da Brescia, 28 Milano

Tel +39 328 4342973 Fax +39 (0)2 36513360

info@perypezyeurbane.org; http://www.perypezyeurbane.org/; www.danceme.org

SPECIALE MY MEDIA – FESTIVAL DELLA CREATIVITA’

Ottobre 20, 2010 By: admin2 Category: Articoli

MY_MEDIA_speciale_FDC_Pagina_01

“In questo numero speciale di My Media, realizzato in occasione del Festival della Creatività, potete trovare una
“piccola guida” agli eventi, conferenze, workshop, spettacoli che My Media seguirà.
Non è il programma ufficiale completo, piuttosto una selezione con spunti di riflessione.
Vi invitiamo a partecipare attivamente al Festival, anche per essere in linea con il tema principale, ovverosia il BRAINSTORMING:
andate alle conferenze, fate domande, fate proposte, approfondite, segnalate, in sintesi, vivete al 100% il Festival.

Inviateci le vostre riflessioni, i vostri commenti, i vostri giudizi, positivi e negativi, di quello che vedrete in questi quattro giorni in giro per Firenze.
Ne faremo tesoro e ne discuteremo. Grazie a tutti.”

Versione scaricabile in PDF – http://www.dkgrafica.com/specialemymedia/

La ludoteca mediatica di Carlo Infante

Luglio 12, 2010 By: admin2 Category: Articoli

Nuove forme del libro, nuovi scenari per la didattica

Marzo 26, 2010 By: admin2 Category: Articoli

copertina_ebook

Di Fabrizio Pecori

Intervista a Mario Rotta, coautore dell’eBook “Insegnare ed apprendere con gli ebook” pubblicato ed eccentricamente distribuito da Garamond

Il rapporto tra il libro e la didattica è uno tra i più consolidati ed al tempo stesso criticamente studiati che si conosca, ma al mutare della forma del libro (e per estensione della comunicazione in generale) può e deve corrispondere una mutazione delle forme dell’apprendimento e della didattica: la rassegna ragionata di esperienze, contesti, possibilità e sperimentazioni offerta da questo eBook fornisce una analisi autorevole dei nuovi scenari tracciati ed in via di definizione. Ho avuto il piacere di parlarne con un autore.

Intervista a Mario Rotta

Gli eBook in questi ultimi anni hanno aperto nuovi scenari in funzione delle rinnovate tecnologie sviluppate. Ma quali sono i tratti salienti della/e scrittura/e tecnologiche?

In realtà si parla e si discute da decenni di come si stanno evolvendo sia la scrittura che le forme e le modalità attraverso cui si disseminano o si condividono testi e documenti nel momento in cui essi perdono la loro tradizionale “pesantezza” analogica e assumono la consistenza immateriale e fluida della leggerezza digitale . Si tratta di fenomeni epocali, che non possono essere ancora decifrati e classificati, e che finora sono stati osservati in modo parziale, applicando di volta in volta solo una delle tante possibili chiavi di lettura. Si è parlato ad esempio della “morte del libro” e del concetto di ipertesto come se non fossero entrambi elementi di uno stesso processo, o ci si è concentrati su aspetti parziali, quali le tecnologie per la lettura dei testi digitali o le politiche di distribuzione editoriale, ignorando che quello a cui siamo di fronte non è un insieme di sperimentazioni che possono avere un certo impatto su un modello consolidato (senza tuttavia modificarne le caratteristiche essenziali), ma un vero e proprio salto evolutivo di quell’insieme di istanze che, complessivamente, identificano e determinano la forma stessa del libro in quanto tecnologia della conoscenza. Quello che ancora non si è percepito con chiarezza, in sostanza, è che gli eBook (per il momento chiamiamoli così, poi si vedrà) non sono l’avvio di un percorso parallelo rispetto alla continuità del libro a stampa ma rappresentano nei confronti del libro a stampa in quanto tecnologia ciò che lo stesso libro a stampa ha rappresentato nei confronti del codice manoscritto o ciò che il codice manoscritto è stato nei confronti del “rotolo” antico: la ricerca di una nuova “forma” di organizzazione e trasmissione del testo in quanto modalità di comunicazione, nel quadro di un sostanziale mantenimento del suo significato di “libro”. Soltanto adesso ci rendiamo conto di questo, ora che appare più chiaro in che modo il testo digitale può interagire con dei dispositivi specifici che ne permettono una ri-formulazione, ora cioè che le possibilità di manipolazione del testo digitale sono state sufficientemente esplorate e cominciano allo stesso tempo a diffondersi lettori a inchiostro elettronico che ne valorizzano le potenzialità.

Nel testo Insegnare ed apprendere con gli eBook tu, Michela Bini e Paola Zamperlin vi siete interessati degli aspetti tecnici e sociali mediante i quali è possibile formulare nuove strategie didattiche utilizzando le nuove forme di scrittura. Quali sono nello specifico i principali trend e possibilità di lettura elettronica che rendono interessante l’impiego didattico?

Il punto di partenza della ricerca è una ricognizione a largo raggio sulle esperienze documentate di utilizzo di eBook e testi digitali in genere in scenari educativi. Si tratta di ambiti ancora poco esplorati, su cui è relativamente facile recuperare una letteratura generalista, teorica, e più difficile trovare riferimenti sperimentali o buone pratiche. Avremmo potuto tracciare una panoramica di tutte le potenzialità educative degli eBook, ma abbiamo preferito suddividere il libro in due parti essenziali, la prima delle quali cerca di fare il punto su che cosa sono gli eBook e sull’impatto che avranno nella società in generale, mentre nella seconda si approfondiscono soltanto 3 specifici ambiti applicativi, sostenibili e supportati da riferimenti e sperimentazioni. Prima di tutto gli eBook potranno essere utilizzati come elementi di strategie per incentivare l’interesse dei ragazzi nei confronti della lettura ed esplorare nuove modalità di lettura dei testi. Questo è un ambito applicativo ben documentato, ed è dimostrabile che l’integrazione tra testi digitali e dispositivi dedicati (eBook readers) può essere utile contro la “riluttanza” alla lettura che sembra caratterizzare le ultime generazioni. Un secondo ambito applicativo specifico è l’utilizzo degli eBook (sempre intesi in quanto integrazione/interazione tra testo digitale e dispositivi dedicati) come elementi essenziali di strategie educative orientate al cosiddetto mobile learning: è ragionevole pensare (ed esistono già esperimenti in tal senso) che gli eBook readers possano diventare parte integrante della dotazione di studenti predisposti ad apprendere in uno scenario in cui si applicano i principi della continuità e dell’ubiquità, in quanto strumenti privilegiati per l’accesso informale ai contenuti e la loro riorganizzazione in funzione dei bisogni formativi individuali. Infine, l’aspetto più interessante è rappresentato dalla natura integrata della relazione tra testi digitali e dispositivi dedicati: un eBook reader è allo stesso tempo un libro, una biblioteca e un quaderno, e in tal senso configura uno scenario in cui concetti come “ambiente personale di apprendimento” e “ambiente informativo personalizzato” si concretizzano, assumono una forma tangibile, grazie alla quale sarà possibile, ad esempio, immaginare che un docente organizzi una piccola biblioteca digitale di risorse su un determinato problema per proporla agli studenti come base per successive integrazioni e rielaborazioni, fino a poter confrontare in che modo il nucleo di conoscenze originario è stato integrato, riorganizzato e rielaborato da ciascun studente, nel corso del processo di apprendimento. In pratica, grazie agli eBook, potranno essere attuate più facilmente e più efficacemente alcune ipotesi suggestive su cui gli educatori ragionano da tempo: dall’idea che la didattica possa fondarsi sulla soluzione di problemi specifici confrontando risorse e materiali utili al concetto di apprendimento come strategia personalizzabile, fino al recupero nella didattica di una relazione dinamica con le “fonti” che la pesantezza e l’ingombro dei libri a stampa ha sempre limitato e che nella leggerezza del mondo digitale diventa invece un’opzione del tutto attuabile.

Puoi darmi una definizione specifica di quel IperLibro Multimodale di cui viene proposta una traccia nel vostro testo?

L’IperLibro Multimodale è il risultato di una riflessione su quali potrebbero/dovrebbero essere le caratteristiche di un prodotto editoriale capace di integrare l’impostazione tradizionale di un libro e le potenzialità della scrittura digitale, soprattutto in termini di arricchimento ipertestuale e multimediale. In pratica, è un’ipotesi di lavoro per una collana di libri “nati digitali”. Si parte da un testo classico, facilmente reperibile in rete in formato digitale. Ma non ci si limita a ri-formattarlo per renderlo leggibile sullo schermo di un tablet o su un eBook reader. Si aggiungono altri elementi, o meglio, altre possibilità di fruizione, legate alle caratteristiche dei formati digitali e alle funzionalità dei dispositivi. In particolare accanto al testo si attivano altre 3 modalità di interazione con lo stesso testo: l’ascolto (riproponendo il testo almeno in formato audio, usufruibile senza problemi su un eBook reader impostato come lettore MP3), la riproposizione del testo sulla base di una ristrutturazione ipertestuale che ne permetta una lettura non lineare e una migliore comprensione (sfruttando ad esempio la possibilità di inserire dei commenti in linea) e la riscrittura del testo sotto forma di sceneggiatura per una lettura drammatizzata, interpretabile, socializzabile. La mia idea è che il lettore possa scegliere autonomamente il piano di lettura che preferisce, passando in qualunque momento dall’uno all’altro grazie a un semplice switch sotto forma di link. Spero di poter proporre presto una collana di classici digitali multimodali: certo, non tutti i classici della letteratura si presteranno a questa ri-formulazione, ma penso che ci sia molto materiale su cui lavorare per offrire ai nuovi lettori dei “libri” con un reale valore aggiunto rispetto alla semplice digitalizzazione del testo.

Ho notato che la forma distributiva del saggio è decisamente inedita e (parrebbe) un po’ pericolosa per l’editore: puoi riassumerne l’essenza e farci capire quali sono i fattori strategici che più vi hanno convinto nello studiare detta forma distributiva?

Non si può distribuire un prodotto che per sua natura è immateriale, fluido, multiforme come se fosse un oggetto fisico definito e misurabile. Dobbiamo esplorare nuovi modelli di business, o più semplicemente nuove formule, nuove strategie. Non sta cambiando soltanto la forma del libro, sta cambiando il significato della parola “conoscenza”. Di conseguenza, dobbiamo riformulare il concetto di “prezzo” (tipicamente legato alla consistenza materiale del libro a stampa) e capire come attribuire un “valore” a un contenuto che non può essere circoscritto in limiti predefiniti. Così ci siamo ispirati agli unici modelli alternativi disponibili, quelli utilizzati in certi casi per la distribuzione e la vendita di musica digitale online, e abbiamo proposto il libro senza stabilire un prezzo di copertina – che non avrebbe avuto senso – ma chiedendo direttamente ai lettori di stabilirne il valore: in pratica chi vuole scaricare l’intero libro digitale decide autonomamente quanto intende pagarlo, poco o nulla se non vuole o non può spendere (e questo agevola la disseminazione delle conoscenze di cui il libro è strumento), di più se riconosce al contenuto un determinato valore. Vedremo, ma non penso che questa formula sia pericolosa per l’editore, tanto più che l’ha decisa lui! Certo, è pericolosa per gli editori tradizionali o per quelli che cercano di ostacolare la diffusione degli eBook perché capiscono che non possono distribuire testi digitali allo stesso prezzo dei libri a stampa, alto e spesso ingiustificato. Ma dobbiamo partire dal presupposto che non ha senso parlare di società della conoscenza se non si agevola la diffusione dei contenuti digitali: e questa è un’ipotesi, che configura uno scenario in cui il lettore non è soltanto un cliente dell’editore ma un protagonista attivo di quell’insieme di processi che alla fine determinerà il reale successo del libro e. perché no, anche il (giusto) ricavo per gli autori e per l’editore.

POSTHUMAN ACTIONISM PORTRAIT

Dicembre 02, 2009 By: admin2 Category: Articoli

concept casaluce/geiger ::: synusi@ cyborg

GUEST penelope.di. pixel &  xDxD

feedbakvisi

Titolo: Feedback
Descrizione: autofeedback smorfiosetto, eseguito con braccio teso e reflex pericolante, in occasione del Feedback Festival, S.Casciano, 2009
Anno: 2009
Immagine self-portrait degli artisti

Casaluce/Geiger:::synusi@:  Chi controlla le-email appena sveglio. Chi manda con il primo sorso di caffè i primi sms…e voi ? Avete un rituale per cominciare la vostra giornata  e se sì – qual’è?

xDxD e pp: E’ difficile pensare a un inizio quando non si riesce con esattezza a definire una fine. La distinzione tra giorno e notte, svegli e addormentati, pausa e attività è labile, e passiamo con molta naturalezza dal ticchettio dei tasti al dolce ronfare e intrecciarsi, senza troppo badare all’orario. Quindi sì: un rituale variabile, aciclico, quantistico e probabilistico. La mail? E chi smette mai di guardarla… mai sentito parlare di Google Dreams?

CG: Qualche mese fa il debutto di una vostra fatica: il REFF.   Nasce nel gennaio del 2009 come una forma di hacking artistico con taglio costruttivo ed ironico verso forme di fare arte che non condividete.

vaso

titolo: throwing copyright down the toilet
descrizione: installazione
REFF@LPM 2009; cesso interattivo azionato mediante lancio e scarico di oggetti protetti da diritti d’autore; l’interfaccia naturale “a catena” produce cut-up illegali in tempo reale, prelevando dalla rete contenuti protetti
immagine courtesy degli artisti

Nel comitato scientifico : Massimo Canevacci, Derrick de Kerckhove, Bio Doll, Arturo Di Corinto, Luigi Pagliarini, Carlo Infante, Pier Luigi Capucci, Luigi Prestinenza Puglisi, Simona Lodi, Domenico Quaranta, Barbara Gualtieri, Marco Scialdone, altri.

E’ un’esperienza che porterete avanti – magari con qualche novità ?

xDxD e pp: Le cose cambiano, anche quando mantengono lo stesso nome. E tutto continua con fluidità, anche nel cambiamento. Sì REFF continua, nuovo e vecchio, allo stesso tempo.

REFF è una esperienza di conflitto, che nel contemporaneo è un concetto che può assumere molte forme differenti. Non “forme di fare arte che non condividiamo”, piuttosto dell’esprimerci in forme di vita plurali e multiformi, e della ricerca dei mezzi per far sì che queste modalità siano accessibili. REFF continuerà proprio in questi termini.

CG: Ho come l’impressione che stiate cercando un  modo differente di  gestire  la creatività.  Cosa significa oggi per voi mettersi in gioco veramente come artisti, scrittori, musicisti, produttori di cultura in genere?

xDxD: “Gestire” è una parola che non amo molto. Io non voglio “gestire” nulla. Voglio, però, avere degli strumenti. Delle possibilità. E’ questo il grosso vuoto del contemporaneo: le istituzioni, le realtà “corporate” non si relazionano realmente con la creatività, o con le pratiche di reinvenzione del presente, perché non possono strutturalmente accettare la dimensione critica che la accompagna. La tecnologia offre molte opportunità, per fortuna, in questo senso, e noi desideriamo appropriarcene. Non tanto nel “ruolo” di artisti, scrittori, musicisti o quant’altro, quanto in quello di soggetti, di persone. L’arte, in questo senso, è un mezzo, una modalità, una pratica in grado di creare e comunicare sensazioni, emozioni e messaggi dirompenti e accessibili.

Pp: attivare processi significativi è un buon punto di partenza, mentre c’è chi ci ha definito degli “agitatori sorridenti”, un ruolo in cui tutto sommato ci ritroviamo abbastanza, credo. A gestire i fermenti di un’enorme quantità di creativi disseminati su ogni angolo del pianeta ci provano (e tutto sommato ci riescono anche bene) entità globali come Google e i grandi social network. Il paradosso è che i creativi lavorano gratis e queste entità sono piene di debiti!

CG: Che libri avete in questo periodo sul vostro comodino?

xDxD: Critical Art EnsembleDisobbedienza Civile Elettronica”, Marvin HarrisCannibali e Re”.

Pp: “Due Amori Crudeli” di Junichiro Tanizaki; “Il Bagno” di Yoko Tawada.

firenzebagno

Titolo: Non va
Descrizione: composizione cross-mediale per specchio, asciugacapelli e nodi nella chioma; espressioni scocciate distribuite in Creative Commons
Anno: 2008
immagine self-portait degli artisti

CG: A questo proposito – sapevate che un luogo unico per raccogliere

tutti  i libri  del mondo – era nato già  tra le aspirazioni dei primi sovrani greci d’Egitto? La grande Biblioteca reale di Alessandria. Si è creduto di costruire qualcosa di simile in internet con la biblioteca digitale europea ‘europeana’. Sta quasi per compiere un anno ma ha raccolto solo il 5 per cento del materiale digitale disponibile nei diversi paesi della UE. Forse istituzioni scoraggiate da pigrizia, gelosia/possessività culturale, complicate leggi di copyright…

Eppure non bisogna arrendersi all’idea di divulgatori dentro e fuori il cyberspace.

Una vostra idea di condivisione dei saperi?

xDxD: Siamo persone radicalmente differenti. Pochi anni hanno cambiato lo scenario globale. Ma si tratta di un cambiamento che, nonostante le numerosissime iniziative significative, è ancora solo potenziale, perché non ha intaccato le strutture del potere, dell’autorità.

Siamo già pronti all’economia dell’abbondanza, a forme di società realmente civili, a forme di coesistenza tolleranti, strutturate a rete, pronte a riconoscere il valore ed il ruolo fondamentale delle differenze. Questa forma di vita E’ la condivisione dei saperi, che diventa una pratica che non parla più solo di libri, o di testi scientifici, o di brevetti, o di video musicali. Ma parla della reale possibilità di condurre una forma di esistenza sostenibile e rispettosa di ogni forma di vita.

In questo passaggio dobbiamo imparare molto dal software. L’”abbondanza” sarà basata sul software, sul fatto che le tecnologie porteranno anche la produzione e l’energia alle persone, consentendogli di realizzare economie di tipo profondamente differenti da quelle attuali. Sarà un mondo “Open Source”. Ma ciò non è per nulla compatibile con le attuali forme di autorità. E, in un mondo in cui anche il potere e l’autorità sono “smaterializzati”, “software”, lo scontro classico non è pensabile.

La rivolta deve essere culturale.

E’ come il passaggio dal web 2.0 al 3.0: se nel 2.0 si parlava di economie ed ecosistemi basati su modelli di business, il 3.0 parlerà di economie ed ecosistemi basati su modelli culturali.

Pp: Si parla sempre di condivisione di sapere, meno di condividere risorse e opportunità: farlo è ancora più difficile se non raro. Effettivamente saremmo nelle condizioni di realizzare una società-open source, ma siamo la stessa società che ha scelto il petrolio. Non sono ottimista: una transizione passa anche attraverso una crisi ecologica e di risorse di cui non immagino l’entità e le conseguenze.

CG: Lo stress  come minaccia salutare ma anche – dagli ultimi studi fatti – come stimolatore.  Come vi ri-caricate?

xDxD: I flussi vanno seguiti. In questo siamo abbastanza autistici. La vita diventa quindi un susseguirsi di onde cicliche, anche sovrapposte e non necessariamente sincronizzate, che corrispondono a continui cicli di carica/scarica.

Pp: E fare la spesa al mercato di p.zza San Giovanni di Dio: nel quotidiano funziona benissimo.

bavagliopassegg

Titolo: famiglie atipiche
Descrizione: Angel_F, la piccola intelligenza artificiale figlia di Biodoll e Derrick de Kerckhove (Biodoll è una performance di Franca Formenti, Angel_F è una performance-hack di Salvatore Iaconesi/xDxD, poi congiuntamente con Oriana Persico/penelope.di.pixel)
Anno: 2009
Immagine courtesy degli artist

CG: Il Piratpartiet con un leader come lo svedese, uno dei fondatori del  ‘The Pirate Bay’ , Rickard Falkvinge – che ha una sua idea chiara/lucida – sulla strategia che adotterà in parlamento. Pensa che la gestione di un certo copyright sia incompatibile con  il concetto di  privacy e di liberta’ digitale.

E’ anche secondo voi, soprattutto, una battaglia di diritti civili?

xDxD: Anche se non condivido completamente le sue idee, ogni volta che sento parlare di questi temi non posso fare a meno di pensare a Stelarc e alla sua frase “il corpo umano è obsoleto”. Solo che la estremizzo ulteriormente: l’essere umano è obsoleto. Le tecnologie con cui abbiamo a che fare propongono degli scenari possibilistici realmente ampi, che però mal si incastrano con tutta una serie di concetti che, attualmente, usiamo per definire il nostro quotidiano. Ad esempio la privacy e la “libertà”. Che sono due concetti che stanno già cambiando profondamente e che profondamente cambieranno anche in futuro.

Non si tratta di uno scontro “bene”/”male”, quanto dello studio del mutare del contemporaneo.

Pp: Aggiungo solo che vorrei cancellare l’aggettivo “digitale”: introduce un dualismo falso e controproducente, strumentale a creare un ambito di azione/dibattito settoriale slegato dal contesto socio-economico e antropologico in cui si produce. È un problema che sento particolarmente relazionandomi a contesti di attivismo di matrice più istituzionale e politica che soffrono di questa distorsione.

CG:  Un vostro motto o frase che vi contraddistingue.

XdxD e pp: “meraviglia!”

CG: Cos’è il talento?

xDxD: Saper copiare bene.

Pp: un’energia potenziale. Non è detto che si esprima nel corso di una vita.

CG: …Ed il carisma?

xDxD: Che domanda strana. Quelle del tipo che per rispondere vengono in mente solo risposte new age o simili. Io preferisco il punk.

anfibineri

Pp: Mah, nel vocabolario cristiano significa “dono divino”: se è così, è un dono tendenzialmente sleale. Parliamo spesso di “talento sprecato”, ma non esiste l’espressione “carisma sprecato”. Il carisma suo malgrado si esprime sempre.

[SCHEDA PORTRAIT]

Oriana Persico (penelope.di.pixel)

Figlia di un ex-prete e di una marxista convertita, lettrice compulsiva, blogger, diarista, sceglie l’ecologia. Nella tecnologia vede un mezzo per creare significato e opportunità nel mondo contemporaneo. E narrare storie…

Salvatore Iaconesi (xDxD.vs.xDxD)

Hacker, artista, raver, ingegnere elettronico, crea il suo primo software a soli 12 anni.

Una passione nata sugli skateboard a Philadelphia e proseguita tra interstizi urbani, multinazionali e performance estreme…

Si sono conosciuti nell’ecosistema digitale. Flussi I/O. Interfacce compatibili.

Un certo ciclo macchina, un po’ di tempo fa. Cosa li accomuna? Il terzo bit. Il quinto. Il dodicesimo.

E cosa li differenzia? I protocolli di comunicazione nelle transazioni con i sistemi esterni. La configurazione di sistema. Il numero di battute per minuto della musica di sottofondo.

Non si separerebbero mai dal loro kernel.

L’estate è appena finita – ma avrebbero voglia di continuare  – non tanto delle vacanze

ma , quanto uno shutdown forzato del sistema.  ‘ In questo senso un luogo vale l’altro ’, mi dicono.

Dal 2007 Oriana e Salvatore vivono e lavorano insieme a Roma, dove hanno fondato il NeoRealismo Virtuale.

Sicurezza Informatica

Novembre 26, 2009 By: admin2 Category: Comunicazioni

A Monte San Savino si parla di Sicurezza dei Minori in Internet

sicurezzainformaticamssavino

L’utilizzo del computer e della rete Internet rappresenta al contempo “uno stile di pensiero”, una “modalità per comunicare e ricevere informazioni” ed una “palestra di cittadinanza” presente e futura.

Sempre più le transazioni con uffici privati e pubblici, le ricerche quotidiane e scolastiche, le richieste di documentazione, ecc… passano per l’uso della Rete.

La conoscenza informatica e la pratica quotidiana che direttamente ne conseguono offrono l’unica possibile alternativa al tanto temuto “digital divide” (il divario digitale), che condiziona le possibilità di sviluppo e di relazione tanto tra continenti e nazioni, che tra singoli individui all’interno di un medesimo contesto culturale.

Conoscere le peculiarità della comunicazione digitale è il primo passo per evitare forme evolute di analfabetismo di ritorno.

La Rete nasconde insidie, evidenzia possibilità inedite e talvolta pericolose. Tra i “netizen” (i nuovi cittadini della rete) è possibile incontrare la stessa variegata umanità che possiamo incontrare ogni giorno nel nostro vivere quotidiano e pubblico, di conseguenza ci potremmo avvantaggiare di splendide possibilità ed essere assediati da numerose insidie.

Ma paure non controllate che potrebbero indurci ad allontanare i nostri figli dalla Rete Sociale più grande del mondo non sono ammissibili e penalizzano troppo lo sviluppo cognitivo per poter rendere praticabili soluzioni estreme.

Scopo dell’incontro è quello di far prendere conoscenza a genitori e figli delle incredibili opportunità della navigazione Internet e delle necessarie sicurezze da adottare per allontanare insidie, pericoli e contaminazioni informatiche.

Utilizzare con competenza e precisione il computer e le opportunità offerte da Internet è un diritto/dovere dal quale i ragazzi del Nuovo Millennio non possono prescindere.

I contributi che caratterizzano questo incontro intendono fornire una conoscenza di base degli strumenti analitici e di quelli che possono aiutare a controllare le numerose insidie che rendono insicuro il cammino nella grande Rete di Internet da parte dei minori.

Relatori:

Prof. Iacopo Maccioni – Dirigente scolastico

Dott. Fabrizio Pecori – Psicopedagogista, Direttore Responsabile del periodico My MEDIA – Osservatorio di Cultura Digitale

Dott. Ing. Anna Liberatori – Coordinatore didattico Istituto Formazione Franchi

Giulio Luzzi – Responsabile didattico di Istituto Formazione Franchi

Iphone, il GPS e gli EXIF Metadata

Novembre 24, 2009 By: admin2 Category: Articoli

phon

Di Francesco Fumelli e Alessandro Furieri

Tutto quello che [inconsciamente] avreste sempre voluto sapere sui tag Jpeg-Exif ma che non avete mai osato chiedere [fino ad ora] …

iPhone e i tag di geoposizionamento

Uno degli aspetti innovativi di iPhone non è solo quello di avere – tra i primi device nel campo delle telefonia mobile – il sensore GPS integrato ma sopratutto (ed in questo è davvero unico, nell’attesa di Android di Google) in grado di rendere disponibili i dati di posizionamento rilevati dal GPS per tutte le altre applicazioni installate nel dispositivo.

Applicativi per iPhone come Twinkle e molte altre applicazioni di microblog e lifestream (e non solo) riescono – grazie a questa caratteristica – a  implementare servizi nuovi e utili. Mostrare dove si trovano i vari chatters intorno al mondo, posizionare le vostre foto sopra le mappe mondiali, vedere la posizione geografica dei vostri amici, condividere le immagini dei luoghi, realizzare e salvare mappe per definire percorsi, inviare via mail la propria posizione georeferenziata, ed altri mille utilizzi diversi, tutti più o meno utilili ma tutti molto “Web 2.0 oriented”.

Oggetto di questo articolo è il rapporto tra la rilevazione dei dati georeferenziati grazie al GPS e le immagini scattate dalla fotocamera di iPhone. Partiamo da una trattazione preliminare della fotocamera di iPhone.

È opinione corrente che le foto scattate con iPhone non siano eccezionali. Questa affermazione non è completamente vera, come tutti i possessori del telefono Apple sanno. Per spiegare meglio il discorso che è più complesso, occorre sgombrare il campo da alcuni miti che circondano il mondo della fotografia digitale, primo tra tutti quello dei megapixel.

Il numero dei megapixel di un’immagine non è sufficiente a definirne la qualità. Se è vero che ad un numero di pixel maggiori corrisponde certamente una maggiore quantità d’informazioni salvate, si devono considerare anche la qualità delle lenti, la qualità del sensore che cattura l’immagine e non ultimo, il software che gestisce l’acquisizione e soprattutto il livello di compressione operata in fase di salvataggio.

Tutte le fotocamere ed i telefoni di fascia medio bassa infatti utilizzano il formato JPG per salvare le immagini, ed applicano quindi in ogni caso una compressione all’immagine acquisita.

Accedendo a Flickr (http://www.locr.com) e cercando nella sua sconfinata banca dati (eseguire ricerca per fotocamera) le foto dei vari “iPhone user” nel mondo, appare evidente come le foto di iPhone siano tutt’altro che di cattiva qualità. Anche rispetto a molti dei cameraphone più blasonati come Nokia N95, iPhone (sulla carta molto inferiore come parte fotografica) alla fine restituisce un risultato senza dubbio comunque paragonabile.

Altro mito da sfatare è quello più in generale sulla qualità dei cosiddetti cameraphone. Telefoni con caratteristiche fotografiche che in realtà non si dimostrano quasi mai in grado di competere con una fotocamera digitale, neppure di fascia medio-bassa. Insomma per fare buone fotografie serve una vera fotocamera.

Iphone non rompe questa regola, possiede un sensore a 2 megapixel senza autofocus e senza flash. Caratteristiche molto “basiche”.

Quello che non sempre viene sottolineato è che comunque l’apertura del diaframma scelta dagli ingegneri Apple è di f/2,8 (un terzo della distanza focale) e che la lente è costruita con materiali di buona qualità.

f/2,8 è un valore ottimale per esaltare la luminosità (a scapito di una certa profondità di campo) e la qualità della lente garantisce una buona nitidezza e assenza di aberrazioni cromatiche.

La compressione operata sulle immagini dal software è evidente, ma migliore di quella che ad esempio generalmente opera il software Nokia di N95 e non si presentano i tipici artefatti di compressione (se non in condizioni di luce molto scarsa).

iPhone permette insomma di fare foto godibili ed equilibrate, nell’ottica di quello che ci si può aspettare da un cellulare. Lo zoom avrebbe migliorato le cose, ma nel poco spessore di iPhone non sarebbe stato possibile collocare il meccanismo di uno zoom ottico (si pensi che N95 usato come esempio è spesso più del doppio di iPhone). Il progetto Apple ha puntato su un buon compromesso: due megapixel, lente senza aberrazioni o disturbi evidenti, elevata luminosità per capacità di scatto anche in interni e con luce modesta.

E come accennato, la possibilità di salvare nelle immagini JPG acquisite, i tag di geoposizionamento, gli Exif metadata.

Exif metadata

Naturalmente è noto a tutti che il formato tipico per le foto digitali è il JPEG.

Questa è in realtà una mezza verità; in effetti il vero formato utilizzato per le foto digitali si chiama EXIF (o meglio JPEG/EXIF).

Un EXIF è a tutti gli effetti un normale JPEG, infatti qualsiasi programma di visualizzazione riesce a visualizzare sia i JPEG-base che i JPEG-EXIF senza doversi sobbarcare nessuno sforzo aggiuntivo. JPEG-EXIF contiene tuttavia molte informazioni extra che in un JPEG-base sono del tutto assenti.

Sia i JPEG-base che i JPEG-EXIF utilizzano come suffisso .jpg oppure .jpeg, senza ulteriori distinzioni. Anche il MIME-Type utilizzato è image/jpeg, in modo indifferenziato. Per riconoscere se un JPEG in effetti è un EXIF occorre leggere attentamente dentro al file.

Riassumendo, possiamo dire che:

un JPEG-base contiene semplicemente un’immagine compressa

un JPEG-EXIF contiene un’immagine compressa, ma in aggiunta contiene anche un set strutturato di metadati; ossia, sono presenti ulteriori informazioni relative all’immagine, alle condizioni di ripresa etc. etc.

Il seguente è un esempio abbastanza tipico della struttura dei metadati EXIF che accompagnano una fotografia digitale:

Come dovrebbe risultare chiaro dall’esempio, se un JPEG è in effetti un EXIF, allora contiene dei metadati strutturati in modo standard:

i metadati sono articolati in elementi (voci) denominati tag

ciascun tag è identificato da un ID numerico e da un nome simbolico

alcuni tipi di tag sono obbligatori (quindi li dovreste trovare sempre in qualsiasi EXIF)

altri tipi di tag sono facoltativi (quindi sono presenti o meno a seconda del modello della fotocamera, della modalità operativa, della presenza o meno di determinati accessori etc etc).

Lo standard è abbastanza semplice e in sostanza è coerente quanto basta per garantire una facile interoperabilità tra i diversi produttori di hardware e software.

In ogni caso, ciascun tipo di tag contiene uno o più valori; i tipi supportati sono i seguenti:

BYTE una sequenza di bytes

STRING una stringa di caratteri ASCII

SHORT un intero (senza segno) a 16 bit

LONG un intero (senza segno) a 32 bit

RATIONAL una coppia di interi (senza segno) a 32 bit interpretati come un rapporto tra numeratore e denominatore

SBYTE una sequenza di bytes (senza segno)

UNDEFINED una sequenza di bytes (forse UNICODE, ma non è detto …)

SSHORT un intero (con segno) a 16 bit

SLONG un intero (con segno) a 32 bit

SRATIONAL come un RATIONAL, ma la coppia è di interi (con segno) a 32 bit

FLOAT autoesplicativo, praticamente mai utilizzati

DOUBLE autoesplicativo, praticamente mai utilizzati

Ogni tag dichiara un valore count, che deve essere interpretato come segue:

se i valori sono BYTE, STRING, SBYTE oppure UNDEFINED, count indica la lunghezza della stringa

in tutti gli altri casi count indica il numero dei valori elementari presenti [quindi possono essere presenti tanto valori elementari come anche array di valori]

Il fatto di specifico interesse per questo articolo è che iPhone (e alcuni altri modelli di telefoni e fotocamere digitali) incorporano direttamente al loro interno un sensore GPS.

Altri modelli di fotocamera digitale supportano la possibilità di connettere un terminale GPS di tipo esterno tramite un apposito sistema basato su un cavetto ed un aggancio fisico.

In entrambi i casi il formato EXIF consente di memorizzare i parametri GPS rilevati al momento dello scatto direttamente all’interno dei metadati. In particolare:

i tag GPSLatitudeRef e GPSLatitude conterranno la latitudine [espressa nella forma Est/West gradi, minuti e secondi]

i tag GPSLongitudeRef e GPSLongitude conterranno la longitudine [espressa nella forma North/South gradi, minuti e secondi]

il tag GPSSatellites indicherà il numero dei satelliti visibili

i tag GPSDateStamp e GPSTimeStamp indicheranno l’esatto momento dello scatto [espresso in UTC, ossia nel tempo universale di Greenwich]. Di fatto i satelliti GPS erogano anche un segnale orario di precisione assoluta, per cui questo valore può essere di particolare interesse.

Come leggere e capire i tag JPG-EXIF

Esiste un software open source, scritto dal mio amico e coautore di questo testo Alessandro Furieri: Spatialite, è un software liberamente scaricabile da: www.gaia-gis.it/spatialite per tutte le piattaforme.

SpatiaLite consente di importare le immagini EXIF in modo semplice, alimentando nel contempo un catalogo dei metadati corrispondenti.

Una volta che i metadati sono stati acquisiti sotto forma di tavole diventa banale elaborarli/interrogarli tramite normalissime query SQL.

Non solo; se tra i metadati EXIF sono presenti anche le rilevazioni GPS, allora SpatiaLite è in grado di costruire automaticamente anche una Geometry WGS-84 associata alla fotografia (World Geodetic System).

Il modo più facile per importare immagini EXIF in SpatiaLite è quello di utilizzare l’interfaccia grafica; si può infatti importare automaticamente una intera cartella in un solo colpo. Un EXIF valido verrà correttamente riconosciuto anche se presenta un suffisso diverso da .JPG, oppure se non possiede nessun suffisso.

Quindi, utilizzando il tool standard di SpatiaLite per l’acquisizione automatica delle immagini EXIF avremo la seguente situazione:

La tavola ExifPhoto conterrà le informazioni maggiormente rilevanti, ivi compresi gli eventuali parametri GPS rilevati dai metadati EXIF.

Naturalmente ExifPhoto conterrà anche l’immagine vera e propria.

Se si desidera SpatiaLite può inoltre mostrare le tavole complete che espongono tutti i metadati EXIF; in questo caso la tavola ExifTags conterrà l’elenco di tutti i tags rilevati.

mentre la tavola ExifValues conterrà i valori associati ai tags EXIF rilevati.

infine, la vista ExifMetadata consente di accedere direttamente ai metadati EXIF in forma agevolata.

Oltre ad iPhone ed altri telefoni cellulari (principalmente Nokia) le macchine digitali dotate di sensore GPS cominciano ad essere reperibili sul mercato a prezzo non eccessivo. In particolare la Nikon Coolpix P6000 e la Ricoh 500 SE.

Si tratta di fotocamere compatte con ottime doti fotografiche per la fascia a cui appartengono (non professionale) con  prezzo intorno a 400/500 euro.

Inoltre praticamente tutte le reflex digitali di fascia alt  professionali consentono di collegare un terminale GPS esterno tramite un apposito cavetto e sistema di fissaggio.

Infine è possibile connettere una vasta gamma di terminali GPS di tipo professionale utilizzando sempre un cavetto, ma senza nessun vincolo fisico idoneo a garantire l’allineamento delle due apparecchiature.

Conclusioni

La presenza dei dati di posizione nelle immagini è una novità (ancora pochissimo sfruttata) che consente una diversa gestione nell’utilizzo quotidiano delle foto digitali. Permette di aggiungere intelligenza e funzioni ai software di archiviazione e gestione, sia sul pc locale dell’utilizzatore che su web, tramite siti e servizi appositi.

Software e servizi web interessanti da vedere, in ottica specifica per gestire le foto JPEG-EXIF (a parte il già citato Spatialite).

Flickr www.flickr.com

Forse il più noto sito di archiviazione/condivisione di immagini online, utilizza i tag EXIF per posizionare i vostri scatti sopra una mappa. Rende immediato il vedere ad esempio il percorso di un viaggio, con le relative immagini in posizione.

Google Picasa Web Album – picasaweb.google.com

Anche Picasa permette di archiviare le foto e posizionarle sulla mappa di Google. E’ in effetti il migliore concorrente di Flickr e ne duplica e espande le funzioni. Molto utile la mappa di un singolo “album” con le anteprime delle foto visibili direttamente nella mappa.

Lockr – www.locr.com

Sito web e software per Windows e Symbian, permette di caricare online immagini e posizionarle su Microsoft Virtual Hearth, Yahoo e Google Maps, leggendone i dati JPG-EXIF. Molto efficace e gradevole come interfaccia.

Exposure, Airme e Flickup

Software per iPhone scaricabili da iTunes store. Exposure e Airme sono gratuiti. Tutti e 3 permettono – tra l’altro – l’invio a Flickr, Picasa e Facebook di foto scattate con iPhone, mantenendone i tag Exif.

HoudahGeo – houdah.com/houdahGeo/index.html

Software per Mac OSX. Permette di collocare tramite i tag EXIF foto su Google Hearth e Google Maps.

PhotoInfoEditor e PhotoGPSEditor

http://www.mmisoftware.co.uk/pages/photogpseditor.html

Due software per Macintosh che permettono – tra l’altro – di gestire pienamente i tag EXIF e processarli anche su molti file in batch.

RapidoMap OSX www.app4mac.com

Ottimo software gratuito per gestire localmente le foto e sovrapporle alle mappe di Yahoo. Basta trascinare le foto sopra la finestra del programma. Veramente semplice e ben fatto. Permette anche l’upload su Flickr.

Nokia location tagger – www.nokia.com/betalabs/locationtagger

Permette di salvare i dati Exif all’interno degli scatti eseguiti con i telefoni Nokia dotati di GPS.

Un ottimo software per iPhone (gratuito) scaricabile da iTunes store è GPSLite. Si tratta di un programma non direttamente correlato con la problematica JPG-EXIF ma indispensabile per tutti coloro a cui interessi sfruttare e capire come funziona il GPS in genere e la sua implementazione su iPhone. Si tratta di un programma che rileva le coordinate, permette di conoscere direzione e velocità di movimento, salvare dei punti su una mappa “muta” e quindi navigare da e per i punti salvati con l’ausilo di una bussola che mostra la direzione da seguire.

[BOX]

Letture consigliate:

http://it.wikipedia.org/wiki/Exchangeable_image_file_format

http://www.kodak.com/global/plugins/acrobat/en/service/digCam/exifStandard2.pdf

http://cvs.horde.org/annotate.php/ansel/lib/Exif.php?rev=1.41

http://it.wikipedia.org/wiki/World_Geodetic_System

http://www.mmisoftware.co.uk/pages/photogpseditor.html

iPoint

Novembre 24, 2009 By: admin2 Category: Articoli

point

iPoint è un punto informativo on e off line sui nuovi media interattivi applicati all’arte e alla comunicazione realizzato con l’obiettivo di rendere accessibile al grande pubblico una collezione di materiali sull’incontro tra arti, nuove tecnologie e interattività, utile anche a fini didattici.

iPoint è stato realizzato dalle associazioni culturali Avventure in Elicottero Prodotti (Lugano) e Ariella Vidach – AiEP (Milano), attive da anni nella ricerca e sperimentazione delle nuove tecnologie applicate alla danza, alla videoarte e alla performance dal vivo, a conclusione del Progetto INnet: Rete di punti informativi on e off line sui nuovi media interattivi applicati all’arte e alla comunicazione (www.innetproject.net), avviato col sostegno del Programma Interreg IIIA Italia-Svizzera con l’obiettivo di creare una connessione tra le più importanti realtà internazionali operanti nel settore delle nuove tecnologie digitali interattive e diffonderne la ricerca presso un pubblico ampio.

La produzione di iPoint è stata incoraggiata dalla crescente attenzione da parte di istituzioni nazionali ed internazionali verso la promozione, divulgazione e conservazione di un nuovo patrimonio culturale che fa riferimento alle pratiche artistiche digitali, incentivando la nascita di iniziative che favoriscano la diffusione dell’uso del digitale nell’arte, ma anche la definizione di percorsi storico-critici per l’insegnamento dei nuovi moduli riguardanti le espressioni artistiche contemporanee.

In quest’ottica, iPoint si propone come un utile strumento didattico per i luoghi di studio e di cultura (università, gallerie, biblioteche, centri di ricerca, musei) e si rivolge a tutti coloro che, interessati a arte interattiva, nuove tecnologie e comunicazione, percepiscono iPoint come una prima porta di accesso ad un contenuto del tutto innovativo: studenti, curatori, artisti, designer, musicisti e Dj, danzatori, video e film maker, scrittori, fotografi, studiosi d’arte contemporanea, amanti delle nuove tecnologie e ricercatori, ma anche semplici curiosi.

La diffusione online (su www.innetproject.net/ipoint) del database di iPoint permette di ampliare notevolmente il bacino di utenza in Italia e all’estero, favorendo la conoscenza di questo prezioso patrimonio culturale e realizzando la “Rete” auspicata dal Progetto INnet.

Il materiale catalogato in iPoint proviene dai centri di ricerca e dagli archivi personali degli artisti invitati durante gli eventi del Progetto INnet: una collezione rara e un repertorio generalmente non accessibile al grande pubblico. Consultando l’iPoint l’utente ha la possibilità di visionare circa 200 video di spettacoli, performance e installazioni interattive, oltre a interviste esclusive, documentazione di seminari, workshop e laboratori pratici organizzati durante i tre anni del Progetto (2004-2007). Sono inoltre visionabili in doppia lingua (italiano e inglese) le schede biografiche degli artisti, le informazioni sui centri di ricerca internazionali invitati e la descrizione delle opere e dei software utilizzati nelle produzioni artistiche.

Grazie alla collaborazione dei partner (Museo Cantonale d’Arte di Lugano, del Conservatorio G. Verdi di Como, della GAM – Galleria d’Arte Moderna di Gallarate) e al coinvolgimento di altre importanti istituzioni come DECS Divisione della Formazione Professionale del Cantone Ticino, il Settore Eventi ed Iniziative del Comune di Lugano, i Musei Civici e l’Associazione Culturale Traiettorie di Como, il Progetto INnet ha potuto creare contesti dove l’interattività è stata applicata dai partecipanti in diretto contatto con chi l’ha ideata e sperimentata e ha portato alla realizzazione di un archivio contenente informazioni ancora poco diffuse.

Il programma di INnet ha proposto numerosi eventi pubblici (proiezioni, performance, concerti e conferenze) per far conoscere le produzioni più interessanti realizzate dai centri di ricerca che lavorano con le nuove tecnologie. Gli appuntamenti hanno coinvolto artisti internazionali del calibro di Golan Levin, Woody Vasulka e Steina, Maurice Benayoun, Marcel.lì Antunez Roca, Tamas Waliczky, Mark Coniglio e Dawn Stoppiello, Christian Ziegler, Daniel Schorno, Klaus Obermaier e sono stati condotti da giornalisti, teorici ed esperti nell’ambito dell’arte in relazione alle tecnologie digitali e alla comunicazione, tra cui Carlo Infante e Maria Grazia Mattei.

Di notevole rilevanza i workshop teorico-pratici, organizzati con l’obiettivo di favorire la divulgazione di conoscenze specifiche e istruire i partecipanti all’utilizzo dei vari software e sistemi sviluppati dai centri di ricerca. Ogni laboratorio è stato condotto da ricercatori (ingegneri, programmatori, sviluppatori o artisti) e si è strutturato con presentazioni, dimostrazioni e applicazioni pratiche dei programmi presentati. I centri invitati – Ars Electronica Center – Future Lab di Linz / Austria, ZKM di Karlsruhe / Germania, Troika Ranch di New York / Usa, Mediadanse / Anomos di Parigi / Francia, Infomus Lab Dist, Università di Genova / Italia, STEIM di Amsterdam /NL, Media Lab MIT Boston / USA, Centro Tempo Reale di Firenze / Italia, hanno presentato i risultati della loro ricerca ai partecipanti (studenti o giovani autori attivi nei settori delle arti visive, della musica, del teatro, della danza, del design e della comunicazione), fornendo le informazioni necessarie alla realizzazione di progetti multimediali.

Il fitto programma proposto ha dato la possibilità ad un pubblico vasto di conoscere, testare ed applicare l’interattività in diretto contatto con chi l’ha ideata, permettendo di acquisire, attraverso un approccio personale, informazioni di alto valore relative a programmi ancora poco conosciuti e incoraggiando l’elaborazione di nuove metodologie produttive e la formazione di nuove figure professionali nel settore dei nuovi media.

All’inizio del progetto, è stato selezionato tramite bando un gruppo di giovani artisti che ha seguito tutti gli appunti del progetto, usufruendo di incontri privilegiati e laboratori con gli artisti e i ricercatori invitati, sino alla realizzazione di progetti installativi e performativi frutto delle nuove competenze acquisite. Il collettivo è stato seguito da tutor e dalla direzione artistica e si è riunito periodicamente per valutare l’andamento dei lavori di produzione dei progetti, presentati in occasione dei tre appuntamenti conclusivi del Progetto.

Raccogliendo al suo interno tutta la documentazione audiovisiva e testuale del Progetto INnet, iPoint rappresenta dunque non solo l’obiettivo primario del Progetto INnet, ma anche la continuazione dell’opera di divulgazione delle conoscenze avviata nei tre anni di eventi.

Web2.0 vs WEB3.0

Novembre 24, 2009 By: admin2 Category: Articoli

web

Di Daniele Pauletto

Nella rivoluzione digitale vinceranno le società, i sistemi che si faranno trovare pronte

L’Università di Berkley ha recentemente calcolato che tra il 1970 e il 2000 (un arco temporale di 30 anni) sono state prodotte la stessa quantità di informazioni che sono state generate dalla preistoria ad oggi, grazie soprattutto al web.

Il Web con 1 miliardo e 200 mila siti, 60 milioni di log, 1,6 milioni di post (messaggi) multimediali prodotti ogni giorno, solo in Italia sono presenti circa 300 mila blog, cresce esponenzialmente.

Il Web 2.0 è per alcuni una nuova visione di Internet che sta influenzando il modo di lavorare, interagire, comunicare nella Rete, per altri una evoluzione di Internet.

Una rivoluzione silenziosa che consentirà un insieme di approcci innovativi nell’uso della rete,

dati indipendenti dall’autore che viaggiano liberamente tra un blog e un altro subendo trasformazioni e arricchimenti multimediali, di passaggio in passaggio, tramite la condivisione di e-comunità, l’idea che si approfondisce sempre più con la possibilità di diventare popolare, o esplodere in forme virali (ideavirus).

Le informazioni diventano opensource condivisibili, o IPinformation come preferiscono chiamarle altri, che navigano liberamente nel nuovo Web.

La rete ha trasformato ogni business in un business globale e ogni consumatore in un consumatore globale, la società verso una società della conoscenza, e l’economia verso un’economia digitale, la wiki economia, la collaborazione di “massa” in favore del vantaggio competitivo.

Il Web 2.0 è anche un nuovo modo di elaborare le informazioni basato su tecnologie “less is more” (tecnologie di facile apprendimento, uso e accessibilità) La condivisione e l’accesso alle informazioni ormai riguarda tutti; tutti potenzialmente possono diventare produttori di informazioni e di idee.

La società del futuro sarà digitale, mutevole, interattiva, basta osservare la notevole esplosione di nuovi media comunicativi. All’interno di ciò sta crescendo anche il networking aziendale, le Reti aziendali.

Le reti tra aziende, istituzioni, associazioni sono le armi fondamentali per la crescita e lo sviluppo sociale ed economico del territorio. Ogni azienda o istituzione isolata che non fa rete con altre, non si sviluppa o cresce molto lentamente, fatica a sopravvivere nella nuova società della conoscenza estesa ed iperconnessa. Servizi tecnologici esternalizzati,collaborativi che interagiscono con i clienti/utenti rendendoli parte attiva, creano nuovi scenari. É anche la Mashup Corporation, l’impiego cioè di tecnologie diverse offerte da più aziende distinte, integrate con tecnologie user oriented. Assemblare e inventare nuovi servizi che sfruttano tecnologie già esistenti sia nel mondo web, sopratutto Web2.0, sia in quello produttivo. Quindi nuove opportunità e servizi per nuovi clienti. Nuovi mercati, nuovi prodotti e nuovi clienti, sopratutto tra i digital natives (i giovani nati con le nuove tecnologie e padroni delle stesse). Un processo dinamico e graduale di apertura al globale e all’immateriale con maggior uso delle ICT (tecnologie dell’informazione e della comunicazione).Tutti i clusters (settori industriali aggregati in verticale od orizzontale per il vantaggio competitivo di M. Porter), per sopravvivere nell’economia globale e immateriale, dovranno prima o poi diventare e-clusters (cluster digitali), ossia aprirsi a reti di relazioni virtuali, a distanza, e a legami in communities allargate oltre la dimensione locale, per diventare multi-territoriali e transnazionali.

Nella rivoluzione digitale vinceranno le imprese, i sistemi che si faranno trovare pronti.

 

 

Web 2.0 (connect people)

Gli scettici del Web 2.0 e della conoscenza condivisa in generale puntano il dito sulla autorevolezza e sulla validità dei contenuti user- generated. La mancanza di un filtro preventivo sulle informazioni generate dagli utenti, come avviene invece nel mainstream, potrebbe essere considerato un punto debole del Web 2.0. La diffusione molecolare dell’informazione è resa possibile con terminali portatili connessi alla rete, infatti gli utenti (potenziali “gateway umani”), possono usufruire di una pluralità di dispositivi intelligenti, integrati nei più svariati tipi terminali mobili capaci di riconoscere e rispondere ininterrottamente in modo discreto e invisibile, ciò che va sotto il nome di tecnologia enable, abilitante. Nonostante la rivoluzione dal basso, del cliente-utente, fatta con gli strumenti del Web 2.0 interattivi e collaborativi, solo una ristretta élite determina i contenuti nel grande panorama del Web, è la regola dell’1% (su 100 utenti web solo 1% di essi è attivo nel produrre informazione,contenuti).

Tuttavia l’autorevolezza dei contenuti può autogenerarsi tramite una selezione dei contenuti stessi attraverso meccanismi di social network insiti nella rete stessa, al di là dei numero dei link e click per post pagina. Il concetto di conoscenza condivisa come creazione e diffusione di contenuti sembra stridere con la formazione culturale ed individuale a cui siamo stati abituati, e mi riferisco al mondo del lavoro, della formazione, dell’Università. Servirebbe un’evoluzione verso modalità digitali di pensiero più consone a quella delle nuove generazioni- utenti (digital natives). Esistono poi anche i digital explorers, coloro cioè che vanno per necessità nella cultura digitale per cercare ciò che può servire a raggiungere scopi che non siano fini alla cultura digitale stessa. Spesso viene a crearsi così un gap, da una parte i geeks (digital natives), dall’altra i dummies (digital immigrants) che faticano a relazionarsi e comunicare anche al di là dello spazio virtuale, nel mezzo un ampio spazio per i “gestori dell’interazione” sociale e comunicativa tra i due gruppi.

 

Versus WEB 3.0 ( connect infomation )

«Una delle migliori cose sul web è che ci sono tante cose differenti per tante persone differenti. Il Web Semantico che sta per venire moltiplicherà questa versatilità per mille… il fine ultimo del Web è di supportare e migliorare la nostra esistenza reticolare nel mondo». (Tim Berners Lee).

Dopo l’invenzione del linguaggio XML (eXtensible Markup Language, metalinguaggio utile allo scambio dei dati) impiegato in diverse applicazioni Web2.0, ora gli sforzi di ricerca si stanno concentrando nel suo impiego in tecnologie semantiche. Generalmente la ricerca di una parola sui motori di ricerca attuali, non contestualizzata, può generare un overload di risultati e quindi un eccesso di risposte inutili. Per ovviare in parte a tale effetto viene in soccorso la “tecnologia semantica” che dà rilevanza al significato reale dei termini e considera il contesto in cui sono inseriti, consentendo una ricerca più precisa e riducendo le risposte ridondanti. Si tratta di una visione completamente nuova nel web, basata sul concetto che ognuno,ogni creatore di contenuti può determinare una propria ontologia delle informazioni. A tal fine vengono impiegati sistemi di OSM (Ontology Systems Management) che possono utilizzare diversi linguaggi standard, come l’RDF (Resource Description Framework) o l’OWL (Ontology Web Language) che consentono nuovi costrutti. Con OWL è possibile scrivere delle ontologie che descrivono la conoscenza che abbiamo di un certo dominio, tramite classi, relazioni fra classi e individui appartenenti a classi. Con il Web2.0 e i Social Network abbiamo pensato che fosse arrivato il futuro ora sappiamo che sono solo il presente, nel futuro c’è il Web Semantico, il Web 3.0.

Proximity Marketing

Novembre 24, 2009 By: admin2 Category: Articoli

bluetu

Di Stefano Adami

Parte Seconda

Nello scorso numero ci siamo lasciati, con un simpatico auspicio: Harald II, detto Bluetooth, è passato alla storia per aver pacificato e riunito le tribù scandinave.

Socialità e comunicazione, quindi, come per il Web 2.0, si possono incontrare anche nel perimetro di una certa prossimità, e non soltanto a fini di profitto.

A questo proposito Giampaolo Fabris, nel suo ultimo Societing ripropone Max Weber, in una delle osservazioni più acute e lungimiranti (e vale la pena di ricordare che stiamo parlando di un “classico” della sociologia).

«… uno scenario che è ormai pervaso dall’irrompere di nuove rivoluzionarie tecnologie e in cui il consumo si mostra, con sempre maggiore trasparenza, come “agire sociale dotato di senso».

Meglio non addentrarsi sul senso del consumo, sul quale sono stati scritti fiumi di inchiostro, quanto piuttosto sull’idea di “agire sociale”.

Social networking e crowdsourcing, termini continuamente usati ed abusati per tentare di descrivere quanto sta succedendo nel mondo di Internet, sottendono infatti una potenzialità dirompente: l’individuo “consumatore” ha ora nuovi strumenti per affrancarsi dalla condizione di soggetto passivo della comunicazione aziendale e può “condividere”, con altri individui e con le stesse aziende, le proprie aspettative ed i propri giudizi sui prodotti/servizi.

Le nuove tecnologie abilitano, a costi praticamente nulli, lo scambio di masse informative e multimediali prima impensabili.

Tali informazioni possono riguardare qualunque aspetto dell’“agire sociale” e non essere necessariamente circoscritte agli atti di consumo.

Il riferimento già fatto (MyMedia N. 20 di Ottobre/Dicembre 2008) agli adolescenti dediti a passarsi ogni sorta di oggetto multimediale attraverso il Bluetooth, ne è la conferma, anche se non ancora quantificata.

Da un’osservazione così estemporanea ed empirica scaturisce però uno spunto di riflessione abbastanza rilevante: quali sono i vincoli alla diffusione del Proximity Marketing, nella sua prima configurazione tecnica, basata su Bluetooth?

Senza alcun dubbio la sequenza di operazioni e lo “sforzo attivo” richiesto al potenziale interlocutore non sono banali.

In poche parole, prima che la comunicazione sia attivata, occorre che:

– l’utente sappia attivare Bluetooth sul proprio telefono (o altro device);

– sia possibile “abbinare” il telefono e l’hot-spot che emette il segnale;

– venga dato il consenso alla ricezione delle informazioni trasmesse dall’hot-spot.

Gartner (uno dei più importanti istituti di ricerca sulle tecnologie ICT al mondo, N.d.R.) stimava, l’anno scorso, che nel 2011 il 30% dei possessori di telefoni o device Bluetooth sarà in grado di partecipare ad attività di Proximity Marketing (a tale previsione viene dato un grado di probabilità dell’ 80%).

Sin da ora, invece, esistono i cosiddetti Digital Natives: un gruppo di individui dotati di una confidenza con le tecnologie digitali nettamente superiore alla media.

La “Playstation Generation” (come è stata altrimenti definita) è costituita da persone mediamente giovani, cresciute in contesti urbani ed immerse in ambienti nei quali i device tecnologici rappresentano oggetti di uso quotidiano.

Gli studi e le analisi di pubblico dominio su questo gruppo di persone non sono ancora sistematizzati, ed affrontano generalmente aspetti molto specifici del loro “essere tecnologicamente consapevoli”.

É forte il sospetto, comunque, che le grandi multinazionali dei prodotti e gadget appartenenti alla categoria dei “consumer electronics” o delle telecomunicazioni, abbiano a disposizione ottime profilazioni e quantificazioni del loro target primario.

In ogni caso anche questi individui devono essere messi al corrente del fatto che è possibile ricevere informazioni da una qualche fonte attiva, e scatta in questo caso, la sempreverde necessità di una comunicazione “ibrida”.

“Non di sola tecnologia, vive il Digital Native”, verrebbe da dire.

Il luogo (o contesto) nel quale si svolge l’iniziativa di Proximity Marketing deve necessariamente essere vestito di messaggi su supporto tradizionale (pannelli, locandine, totem luminosi, etc.) che invitino ad attivare il Bluetooth del proprio device, per partecipare allo scambio e/o alla promozione.

Ma quali prodotti e quali contesti si sono prestati maggiormente a questo genere di iniziative, in Italia e all’estero?

Allo stato attuale non esistono ricerche sufficientemente ampie ed oggettive, per indicare percentuali esatte e tendenze prevalenti.

Alcune considerazioni ragionevoli ed un tentativo di interpretazione sono comunque possibili dalla semplice osservazione empirica e dai colloqui con le aziende che hanno realizzato o utilizzato strumenti di Bluetooth Marketing.

Per quanto riguarda i prodotti/servizi, la maggiore consistenza con questa tecnica di comunicazione si riscontra, ovviamente, laddove è alto il contenuto di informazione, sia intrinseca che accessoria alla decisione d’acquisto.

Quindi gli spettacoli cinematografici, i viaggi  ed il turismo, l’auto e la moto, l’editoria ed i prodotti multimediali in genere sono stati i primi a sperimentare il coinvolgimento dei rispettivi target nei contesti più opportuni.

Utilizzando le dimensioni del grado di coinvolgimento emotivo e della razionalità impiegata nell’acquisto del prodotto (o del servizio) si possono posizionare le esperienze di Bluetooth Marketing all’interno dei diversi quadranti.

Alla stessa maniera, i luoghi in cui avviene la comunicazione possono essere classificati in base alla continuità della comunicazione stessa ed al traffico medio giornaliero.

Evidentemente, occasioni quali le fiere (es. Motorshow, BIT – Borsa Italiana Turismo), gli eventi promozionali (es. Lancio del canale Cartoons network, Nokia Trendslab) ed i contesti multimediali (cinema multisala, biblioteche e librerie, musei) costituiscono le localizzazioni più appetibili sia per l’attrattività delle persone che li frequentano che per l’efficienza della spesa promo-pubblicitaria (il famigerato costo per contatto).

Combinando le due mappature è possibile delineare alcune aree di particolare interesse.

Si può ragionevolmente affermare, ad esempio, che i cinema multisala e gli eventi variamente riferibili al mondo della multimedialità siano destinati ad essere i protagonisti di un incremento e di un miglioramento delle iniziative di Bluetooth Marketing. Presumibilmente, ad eccezione dei contesti museali o delle show room, queste iniziative sono destinate a rimanere sporadiche e/o circoscritte in termini di periodo nelle quali sono attive.

Questo limite non preclude comunque la possibilità di utilizzo del Bluetooth Marketing per iniziative che mirano a facilitare la creazione di “comunità”, collegate a vario titolo al prodotto servizio, ed alla diffusione delle informazioni in modalità “virale” (interessanti, a questo proposito, le sovrapposizioni del nostro tema con quello, altrettanto innovativo, del Viral Marketing, N.d.R.)

Per quanto riguarda invece le informazioni di interesse pubblico e non commerciale, nel mondo anglosassone sta prendendo consistenza il filone dei cosiddetti “Location Based Services” (“servizi basati sulla localizzazione”, N.d,R.).

In altri termini, come già si accennava scherzosamente nella prima parte di questo approfondimento, è già possibile strutturare il rilascio di informazioni critiche per determinati servizi (modulistica, orari, tariffe) prescindendo da supporti cartacei o dalla necessità di interagire con personale addetto.

In realtà, in paesi come il Giappone, dove le infrastrutture e gli standard già affermati hanno accelerato l’utilizzo di queste tecniche è già possibile effettuare pagamenti di piccolo importo, dal taxi o da qualunque punto vendita abilitato.

Ma queste ed altre presumili linee di sviluppo della comunicazione di prossimità saranno il tema della prossima puntata.

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Riferimenti e risorse:

Fabris, G. Societing, Milano, Egea 2008

Anderson, C. La coda lunga, Torino, Codice edizioni, 2007

Jones, N. Bluetooth Proximity Marketing, Gartner Inc., 2007

http://www.bluetooth.org