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Osservatorio di Cultura Digitale
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BOOMart Festival

Settembre 05, 2011 By: admin2 Category: Comunicazioni

BOOMART il primo Festival dei giovani artisti della Toscana Concerti, videoinstallazioni, live painting, videoarte e workshop nella 2 giorni
organizzata dalla Fondazione Festival Pucciniano. Oltre 200 musicisti, 25 artisti figurativi, e 11 videomakers i protagonisti diBooMart che si svolgerà a Torre del Lago nel Gran Teatro Giacomo Puccini il 24 e 25 Settembre 2011 dalle 17,00 alle 01,00. Scopo principale di BOOMART è quello di stimolare lo scambio di energie tra giovani musicisti e artisti al fine di sviluppare progetti creativi completi attraverso l’interazione tra le varie discipline, oltre che offrire loro un momento e un luogo di riferimento per la sperimentazione e il divertimento. Sulla pagina facebook sono raccolte le videointerviste realizzate ai partecipanti al Festival, un percorso di selezione degli artisti fatto anche con l’obiettivo di monitorare le proposte artistiche del territorio. Si annuncia come una kermesse di grande appeal, straordinaria vetrina per giovani artisti della Toscana che possono avvalersi della due giorni al Gran Teatro per presentare il proprio lavoro tra musica e creatività. Un evento fortemente voluto dal presidente della Fondazione Festival Pucciniano Paolo Spadaccini felice di poter concedere a giovani artisti gli spazi prestigiosi del Teatro di Torre del Lago. La Musica e le Arti visive saranno le protagoniste indiscusse della due giorni di BooMart Festival che si propone anche come occasione di scambio tra giovani che vogliono fare della propria vocazione artistica una ragione di vita. Il progetto nasce da un’idea di Francesca Pasquinucci ricercatrice e Davide Giannoni musicista, che hanno individuato nella splendida struttura di Torre del Lago il luogo ideale per avviare un percorso che vuole incoraggiare le vocazioni artistiche dei giovani. Un progetto prontamente condiviso dalla Fondazione Festival Pucciniano che ha tra i focus della sua mission proprio quello di favorire i giovani artisti. Boomart è però anche una occasione interessante per monitorare la situazione rispetto alle opportunità che la società offre ai giovani talenti di esprimersi e farsi conoscere attraverso la propria arte e creatività. Le performance sono programmate nei diversi spazi del Gran Teatro, il foyer ospiterà il live painting sia con le tecniche tradizionali sia con quelle più all’avanguardia, mentre sul
palcoscenico dell’Auditorium Caruso si alterneranno i Gruppi musicali, dai Red Carpet di Viareggio un gruppo che propone musica indie rock sino alla Grande Orchestra del Liceo Artistico Musicale di Lucca che si esibirà in un programma tratto dalle più famose colonne sonore. I Gruppi e gli artisti avranno la possibilità di interagire con VJ per creare il proprio visual I NUMERI DI  BOOMART MUSICA e Vjing art (Auditorium) 20 gruppi musicali per un totale di circa 200 musicisti , di età compresa tra 18 e 30 anni, provenienti da Viareggio, Camaiore, Pietrasanta, Forte dei Marmi, Querceta, Seravezza, Lucca, Massa, Carrara. 20 band di generi musicali diversi (rock, elettronica, jazz, soul, funk, ska, metal). Alcune band propongono un repertorio di brani originali, altre un repertorio composto da cover. Ogni performance avrà la durata di mezz’ora circa. Fondamentale, per alcuni gruppi, sarà la collaborazione con dei Vj (video jockey) che interpreteranno il repertorio musicale attraverso un’elaborazione artistica in diretta di contenuti video digitali. La selezione dei Gruppi è stata effettuata sul web attraverso i video e le demo che gli oltre 50 gruppi hanno inviato alla dinamica pagina di www.facebook.com/boomartfestival e sulla quale è possibile fruire delle videointerviste realizzate a tutti i partecipanti al Festival ARTE (Foyer) 25 artisti figurativi tra i 18 e i 30 anni, provenienti da Viareggio, Camaiore, Lucca, Pisa che frequentano o si sono già diplomati nelle varie scuole d’arte della Toscana dal Liceo Artistico Passaglia di Lucca, all’ Istituto d’arte Stagio Stagi di Pietrasanta, all’Accademia d’arte di Carrara, Accademia di Belle arti di Firenze, Scuola di Comics Firenze un gigantesco live painting. Un labirinto sperimentale, che avrà come tema ancora la musica, costituito da performance in tecniche tradizionali (pittura in acrilico, pennarello, collage, etc ) e tecniche di disegno in digitale. Lo stesso spazio ospiterà un’istallazione sonora e una performance di scultura in cartapesta. VIDEO (Sala Belvedere) 11 Videomakers, provenienti da Viareggio, Pietrasanta, Montecatini, Firenze, , provenienti da Carrara e Lucca e Vj Ogni videomakers avrà a disposizione un’ora per presentare un progetto o una serie di progetti prodotti. A BooMart Festival, tra una serie di corti, verranno presentati due lungometraggi. WORKSHOP – Sono previsti due workshop con un professionista dello show design e uno del mondo musicale. Video interviste ogni musicista, ogni artista, ogni videomaker, potrà presentare se stesso ed il proprio progetto in un’intervista di due-tre minuti che animerà tutte le pagine internet legate all’evento e altri mezzi di comunicazione di esso. Sito e social networks www.boomartfestival.com Conterrà ogni notizia riguardante il festiva, dagli artisti partecipanti al programma dettagliato, dalla presentazione dei workshop ai contatti. www.facebook.com/boomartfestival pagina dinamica, caratterizzata dall’inserzione continua delle videointerviste fatte a tutti i partecipanti all’evento. www.twitter.com/boomartfestival è rintracciabile la pagina il profilo BooMart, costantemente aggiornata. Per informazioni www.puccinifestival.it 0584 350567
Ingresso € 8 per un solo giorno e € 12 l’abbonamento alla 2 giorni

 

DATAFLOW

Giugno 11, 2011 By: admin2 Category: Articoli

Una anteprima a cura di motor

Mi raccomando … che resti tra noi quanto vi sto per raccontare …
Qualche mese fa Mario Della Casa, mi chiamò presso i locali di HiroshimaMonAmour (HMA) per un’offerta che non avrei potuto rifiutare. Mario (forte della sua esperienza decennale, insieme a Fabrizio Gargarone e allo staff tutto di HMA nella produzione di eventi come TecnoTeatro o il Traffic, festival che attira decine di migliaia di spettatori con artisti internazionali, nonostante i “lungimiranti” tagli del governo ai finanziamenti) voleva un progetto per uno spettacolo che affrontasse il tema dei nuovi luoghi della socialità , come gli ipermercati , i mall e il tessuto connettivo di asfalto e cemento che li unisce e insieme i luoghi virtuali delle tracce (digitali ma non solo) che uomini e merci lasciano… L’altra idea forte era che lo show dovesse avere un forte impatto live e che quindi avrei diviso il palco con Madaski (sottraendolo per qualche tempo ai suoi impegni con gli Africa Unite, i Dub-Sync e alle sue numerose produzioni)… Io resisto a tutto tranne alla tentazione di un nuovo progetto impossibile …  Ho cominciato a raccogliere suggestioni e documenti, a cercare collegamenti, visioni, immagini , luoghi, location, testi, suoni. Da un lato mi sono chiesto come gli umani vivano, percepiscano o ignorino questo onnipresente “dataflow”, mentre si spostano lungo gli spazi fisici di questa metropoli continua e rizomatica, che con addensamenti e rarefazioni, sta cominciando a coprire vaste aree del pianeta… Nuovi rituali para-religiosi spostano masse di persone verso luoghi che come cattedrali hanno architetture e simbologie antiche… Forse a Natale non siete andati a messa, ma sono quasi certo che anche voi vi siete ritrovati almeno una volta in un ipermercato per i vari rituali di fine anno…
Bollati con superficialità come “non luoghi” in realtà questi luoghi sono diventati “luoghi” di riferimento e socialità (é stato lo stesso Marc Rougé a correggere questo pregiudizio). L’idea di traccia mi ha portato a riflettere su quanto tutti noi o gli oggetti che ci circondano siamo definiti dalle nostre identità digitali e dalle tecnologie che adottiamo… Viviamo immersi in un flusso tecnologico, sempre più indipendente dalla nostra volontà, sempre più simile ad un organismo in evoluzione: il Technium, secondo la definizione di Kevin Kelly. Mi interessava questo processo contrapposto e insieme inseparabile, l’evolversi esponenziale della tecnologia, di questo organismo.
Ormai gran parte del traffico sulle reti è scambio dati diretto tra macchine, non destinato a operatori umani. Reti di sensori, in origine soprattutto militari, poi finanziari e poi sempre più civili, domestici si formano e si connettono, prendono decisioni e agiscono… Un mormorio digitale continuo… Migliaia di telecamere che ci guardano… ma forse solo perché il technium sta cercando di definirsi, di scoprirsi in uno sforzo non ancora conscio di autopoiesi? Per capire il technium occorre studiarne i linguaggi, i processi, non limitarsi al lato “umanistico” (umano?) e credere che basti… come si può ancora teorizzare di digitale senza praticarlo? Sarebbe come studiare letteratura anglosassone, senza sapere l’inglese… o parlare di calcio senza aver toccato un pallone… e da qui la necessità dell’hacking, dell’uso non previsto (dalla Microsoft…) della Kinect, delle telecamere per sport estremi, della riprogrammazione degli smartphone… In questo nuovo universo , dove le immagini sono più vere degli originali (quando ancora questi ultimi esistono), dove i paesaggi interni ed esterni implodono, è facile ritrovare le profezie ballardiane che si avverano ad una ad una… ma i collegamenti a volte sono imprevedibili … ho avuto la sorpresa di riscoprire in Italo Calvino un contro-canto magico… nel suo famoso libro “Le città invisibili” già descriveva le città continue che oggi ci sembrano così normali… …mi sono chiesto quale poteva essere una colonna sonora ideale e anche qui l’intuizione di Mario Della Casa sulla scelta del musicista era perfetta… l’ecologia sonora urbana da cui nascono il dubstep o il drum&bass, ma anche il paradosso del successo del noise pop dei Nine Inch Nails (paradosso per chi crede che il pop debba di necessità essere fatto da stelline e veline raccomandate dai premier), le stesse dinamiche di diffusione di questi suoni (le radio pirata londinesi ad esempio o le community online come Soundcloud), le stesse pratiche di produzione e remix e ibridazioni continue, si accomunavano ai flussi di dati, persone e merci di questa periferia sempre familiare e insieme irriconoscibile… Ho immaginato quindi di lavorare sulla tensione tra me e Mada. Io lavoro sulla costruzione di spazi, Mada li riempie, li manipola, li suona. L’idea è che io mi occupi dei flussi video e degli ambienti sonori, mentre Mada invece, da vero animale da palcoscenico, trascinerà il pubblico con i suoi live dub …Mada è il delay, io il riverbero… And the bass is a weapon… A che punto siamo? Il progetto DATAFLOW è partito (potete vedere lo storyboard nelle immagini …); a breve cominceremo le riprese in time-lapse e slow-motion con Giulia e Giacomo (lo staff video di HMA)… le versioni alpha dei codici in max-msp e processing per leggere gli scan della kinect, o per collegarsi ai feed di pachube, le prime versione del video synth sono già in esecuzione, e Mada sta già lavorando ai suoni (a distanza, da vero nomade digitale, mentre è in tour con gli Africa…). Resta ancora moltissimo da fare … vi terrò aggiornati. Ma mi raccomando: sono informazioni riservate…  BOX
Rizomi suggeriti
Kevin Kelly – Cosa vuole la tecnologia – ed Codice OpenGL_Shading_Language_3rd_Edition (Orange Book) Randi J. Rost Bill Licea-Kane Addison Wesley  OpenGl Specifications GLSLangSpec.4.10.6 OpenGL 7th editions OpenGL_Programming_Guide_7th_Edition . Addison-Wesley The new religious Image of urban America – The shopping mall as ceremonial center -Ira Zepp – University press of Colorado La religione dei consumi – George Ritzer e- cattedrali, pellegrinaggi e riti dell’iperconsumismo ed il Mulino The kingdom Come – J.G. Ballard (Il regno a venire) ed Feltrinelli The Atrocity Exhibition – J.G. Ballard   (La mostra delle atrocità) ed Feltrinelli Iain Sinclair – London Orbital … ed. Saggiatore Beginning Android  Mark L. Murphy Apress Le città invisibili Italo Calvino ed.Mondadori ExtremeTech Hacking rss and Atom Leslie Orchard Wiley Publishing  ExtremeTech Hacking Google Maps and Google Earth – Martin C. Brown Wiley Publishing  Programming-Interactivity-A-Designers-Guide-to-Processing-Arduino-and-openFrameworks-ed O’Reilly La società dello spettacolo – Guy Debord Sonic warfare — Kode9 MIT Press Tecnoapocalips DVD The Net DVD  www.hiroshimamonamour.org www.Cycling74.com
www.pachube.com

 

box short bio di motor artista digitale e performer, programmatore, ha al suo attivo progetti come cleanUnclean (per immagini di guerra, cori digitali e basse frequenze), Heatseeker (video teatro) e ultimamente gira per l’Italia con l’Orchestra Meccanica Marinetti (Action Sharing), concerto per due robot percussionisti e performer umano… Ha collaborato e collabora con gruppi di teatro, videomaker, musicisti …
 box short bio di Mada
Madaski o Mada è cantante, tastierista e produttore discografico italiano. Oltre a cantare, suona principalmente le tastiere, i sintetizzatori e il basso elettrico. Leader insieme a Vitale “Bunna” Bonino del gruppo reggae Africa Unite, è un personaggio molto noto e stimato nel panorama musicale torinese e nazionale. La sua prima esperienza musicale di una certa rilevanza arriva nei primissimi anni ottanta quando, diplomato in pianoforte, suona nei Suicide Dada, gruppo dark new-wave torinese. Nel 1981 decide, insieme a Vitale “Bunna” Bonino, di formare i primissimi Africa United (poi Africa Unite), gruppo reggae-dub che sarà al centro della scena reggae e alternativa italiana per oltre vent’anni. Parallelamente agli Africa Unite, Madaski porta avanti anche diversi progetti , come i Dub Sync, ed é noto come produttore discografico. Ha collaborato anche con artisti come Antonella Ruggiero, Franco Battiato e Jovanotti.
Box short bio per Hiroshima Mon Amour
Storico club di riferimento per la scena torinese, ma anche europea, ha ospitato sui suoi palchi il meglio dell’underground musicale da tutto il mondo e ha dato vita a numerosi festival ed eventi … anche motor debuttò lì oltre vent’anni fa…

Keep an ear on

Maggio 12, 2011 By: admin2 Category: Articoli

keepanearon

Il 5° Simposio Internazionale sui temi del Paesaggio Sonoro di FKL (Forum Klanglandschaft) è organizzato in una stretta collaborazione fra Tempo Reale, Il Centro d’Arte EX3 e lo stesso FKL.

Il Simposio è l’occasione di incontro per musicisti, antropologi, architetti, psicologi, audiologi, appassionati con i temi del suono e l’ambiente. Lo scopo è quello di promuovere le attività e gli studi sul paesaggio sonoro nei campi della scienza, della educazione e dell’arte, con l’obiettivo di aumentare la sensibilità verso l’ascolto del mondo sonoro in cui viviamo, migliorando la sua qualità e la nostra consapevolezza.

Ma c’è anche la possibilità di ascoltare opere musicali che fanno di questi temi l’elemento centrale, integrando in un percorso artistico materiali sonori provenienti da ogni parte del globo, così come di visitare installazioni sonore e video ispirate alle tematiche dell’attenzione alle qualità sonore del mondo.

Tutte le relazioni, 28, con relatori provenienti da tutta Europa si svolgeranno presso la sede di Tempo Reale, a Firenze, Villa strozzi, Via Pisana 77. Nello stesso luogo, presso la limonaia della Villa, si svolgeranno i 4 concerti ospitati dal convegno. Le installazioni saranno invece ospitate dal Centro per l’arte contemporanea EX3 nei propri locali di Viale Giannotti e negli spazi di SUC, presso l’ex-carcere delle Murate.

Sebbene il simposio apra i suoi lavori ufficialmente nel primo pomeriggio di venerdì 20 maggio, alle ore 15, le intallazioni saranno già visitabili dal giorno prima, con due differenti “opening”, alle ore 18 ad EX3 ed alle ore 21 a SUC, le Murate.

Il congresso sul paesaggio sonoro di FKL è giunto dunque con questa di Firenze alla sua 5a edizione, ha una cadenza biennale ed ogni edizione viene ospitata a rotazione da una città di uno dei paesi a cui FKL fa riferimento, Italia, Germania, Austria e Svizzera.

Il Forum Klanglandschaft (FKL) – Forum per il paesaggio sonoro è una associazione europea che vuole fungere da piattaforma di contatto tra persone provenienti dalle discipline più diverse che si occupano del paesaggio sonoro e degli spazi acustici.

Il FKL è nato in seguito all’impulso dato dal World Forum for Acoustic Ecology WFAE (Vancouver, B.C.) costituitosi nel 1993 sulla base delle ricerche svolte negli anni 70. Il FKL è un’associazione senza scopo di lucro, è aperto a tutti coloro che sono interessati all’ascolto e alla gestione responsabile dell’ambiente acustico.

Il coordinatore delle attività di FKL per l’Italia è Francesco Michi.

Sito ufficiale del Simposio, con tutto il programma dettagliato

http://www.paesaggiosonoro.it/keepanearon/

Sito ufficiale FKL

http://www.klanglandschaft.org/

Sito FKL italia

http://www.paesaggiosonoro.it

DanceMe

Febbraio 08, 2011 By: admin2 Category: Comunicazioni

ombrello

Perypezye Urbane

Media Collective

presenta

DanceMe

http://www.danceme.org/ 

 

Progetto di ricerca cross-mediale sulle arti performative realizzato grazie a una rete di giovani creativi e a una piattaforma web.

Una riflessione su quello che il web 2.0 e i nuovi media possono offrire alle performing arts.

Una discussione aperta sul rapporto tra arte e diritto d’autore e sui creative commons.

Un incentivo alla creazione di una rete di relazioni e scambi sulla performance contemporanea.

 

Entra nel vivo DanceMe, progetto annuale (giugno 2010 – luglio 2011) promosso dall’associazione culturale Perypezye Urbane di Milano, che vuole, da un lato, avviare una riflessione sul rapporto tra arte e diritto d’autore e, dall’altro, rispondere all’esigenza di una più ampia collaborazione tra chi produce contenuti artistici e chi ne fruisce, dando il via a una vera e propria community delle performing arts contemporanee che elegge il web a luogo di scambio e relazione.

12 i partecipanti: 6 performer, 2 musicisti, 2 critici, 2 videomaker – tutti al di sotto dei 35 anni e selezionati tramite bando – che si confronteranno a turno con la realizzazione di una performance attraverso un processo di creazione concatenato dalla connotazione contemporaneamente live e web.

COMPONENTE LIVE: il progetto prevede un sistema di residenze artistiche in cui ciascun performer, in collaborazione con i musicisti, i videomaker e i critici, creerà una performance solista presentata al pubblico al termine della residenza.

Focus del progetto è la possibilità di costruire il proprio lavoro su quello degli altri, seguendo le regole dei Creative Commons (creativecommons.it), licenze che offrono agli autori la possibilità di condividere in maniera ampia le proprie opere, con la libertà di porre limiti sul loro utilizzo o sulla loro rielaborazione.

Fonte d’ispirazione per il primo performer è l’assolo Trio A di Yvonne Reiner; ogni partecipante s’ispirerà poi al progetto immediatamente precedente operando liberamente un remix del materiale coreografico, musicale o visivo, per realizzare un lavoro ‘derivato’, ma del tutto personale, nel pieno rispetto dei creative commons.

La creazione coreografica diviene quindi patrimonio comune ‘indossato’ di volta in volta da un artista diverso.

La prima performance, Rerererewriting di Luna Paese, Mariano Leotta e Dario Congedo, è stata presentata il 29 ottobre, nell’ambito della Festa del Teatro 2010.

Da una rilettura del lavoro del primo gruppo, gli artisti successivi hanno gettato le basi per la loro personale riflessione artistica in scena il 22 dicembre presso lo Studio28 di Milano con il titolo I PONG. Prossimo appuntamento il 19 febbraio con il performer Davide Manico.

 

COMPONENTE WEB: ogni partecipante di DanceMe condivide il proprio iter creativo attraverso la piattaforma web del progetto (http://www.danceme.org/) che permette agli artisti di pubblicare pensieri, testi, musiche, video e altre fonti d’ispirazione e al popolo di internet di dare feedback, suggerimenti e ulteriori suggestioni.

Per DanceMe il web, (o, meglio, il web 2.0) è quindi terreno privilegiato di interazione, mentre i media digitali assurgono a veri e propri ambienti del sapere, non solo strumenti di trasmissione di idee, ma agenti di una nuova sensibilità culturale.

Su queste basi DanceMe intende dare il La a una vera e propria community creativa e critica che utilizzi la piattaforma e il web come occasione d’interazione e relazione produttiva, di discussione, collaborazione e ricerca sui linguaggi delle performing arts contemporanee che, attraverso internet, possono diventare fenomeno di convergenza culturale che prescinde dall’esperienza e dalle competenze del singolo.

 

CULTURE DIGITALI

DanceMe si è avvalso della collaborazione di Apogeo, casa editrice da sempre molto attenta agli sviluppi di nuovi media, per proporre un ciclo d’incontri, dal titolo Culture Digitali, con 5 professionisti che lavorano e  studiano dall’interno il nuovo universo culturale offerto dalla rete.

Gli incontri hanno fornito nuove chiavi per “leggere” internet, per aprire nuove porte e nuovi interessi, anche professionali, fornendo strumenti utili e concreti per muoversi nel web, coagulando attorno ad essi il nuovo movimento culturale della x-media (cross media) generation, dei cosiddetti nativi digitali.

Programma

–         20-22 Maggio 2010: Elvira Berlingieri – Legge 2.0

–         27-29 maggio 2010: Roberto Maragliano – Parlare con le immagini

–         10-12 giugno 2010: Sergio Maistrello – L’informazione e i nuovi media. Il giornalismo al tempo del citizen journalism.

–         17-19 giugno 2010: Letizia Sechi – Editoria digitale.

–         24-26 giugno 2010: Max Giovagnoli – Crossmedia. Le nuove narrazioni

 

CALENDARIO DELLE PERFORMANCE

 

>>29 ottobre 2010

Rerererewriting

Coreografia e interpretazione Luna Paese

video Mariano Leotta

musiche Dario Congedo

>>22 dicembre 2010

I PONG

Coreografia e interpretazione Paola Ponti

Musiche Giulio Escalona

Video Isobel Blonk

>>19 febbraio 2011

Coreografia e interpretazione Davide Manico

video Isobel Blank 

musica Giulio Escalona

 

>>8 aprile 2011

Coreografia e interpretazione Annalisa Rainoldi

Musiche Giulio Escalona

Video Isobel Blonk

>>28 maggio 2011

Coreografia e interpretazione Anja Piotrowska

video Mariano Leotta

musiche Dario Congedo

>>8 Luglio 2011

Coreografia e interpretazione Riccardo Meneghini

video Mariano Leotta

musiche Dario Congedo

 

Ogni progetto si avvale anche del contributo dei due critici: Luisa Ruggio e Cristina de Falco

Per maggiori informazioni sulle performance e contribuire alla loro creazione www.danceme.org

 

 

 

 

 

CREDITS

Ideazione e direzione artistica: Giovanni Sabelli Fioretti e Giuseppe Esposito

Amministrazione: Valeria Bottiglieri

Ufficio stampa: Sara Prandoni; sara.prandoni@gmail.com, mob. +39 328 7060717

Con il sostegno di Fondazione Cariplo, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano – Tempo Libero, Apogeo, Festlab, Opendoor

 

CONTATTI

Perypezye Urbane c/o Studio28

Via Moretto da Brescia, 28 Milano

Tel +39 328 4342973 Fax +39 (0)2 36513360

info@perypezyeurbane.org; http://www.perypezyeurbane.org/; www.danceme.org

Un motivetto che mi ossessiona tanto tanto

Dicembre 22, 2010 By: admin2 Category: Comunicazioni

Hai un motivetto che ti frulla in testa e non riesci a ricordare qual è?

Vai sul sito http://www.midomi.com/ e cantalo o fischiettalo per una decina di secondi.

midomi

Quindi stupisciti!

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Ten Reloaded

Dicembre 16, 2010 By: admin2 Category: Articoli

tenrelodaed

 

Ten Reloaded, fotografia, video e performance, presso l’atelier “degliZingari Gallery”, 22 dicembre 2010

Roma: Mercoledì 22 dicembre 2010 alle ore 21 presso l’atelier “degliZingari Gallery” accoglierà la mostra “Ten Reloaded” rievocativa della prima edizione del Festival di Performance Art Cyberpunk “Ten” del 9 ottobre 2010 presso il Lanificio, un festival che ha visto un’interazione di sperimentazione massima di cultura cyberpunk, bondage art, installazioni interattive, body art estrema, videoarte e danza contemporanea.

La mostra “Ten Reloaded” sarà presentata da Luciana Cameli (presidente dell’associazione “You Artist”) e Francesca Fini (autrice del concept e direttrice artistica di “Ten”). “Ten Reloaded” si articola in una variegata serata di fotografia, video e performance per ricordare il “Ten” e la sua promessa di divenire uno degli eventi di riferimento della Live Art a Roma.

Il programma della serata si articola in:

Expo Fotografica dell’artista Soukizy Redroom: reportage di impressionante presenza scenica in cui l’artista ha immortalato dettagli delle performance sul palco nella giornata del 9 ottobre. Soukizy è una fotografa professionista di eventi live e set fotografici.

– Proiezione in anteprima del documentario “10 corpi del reato”, video realizzato per l’evento Ten da Francesca Fini e prodotto dall’associazione culturale nazionale You Artist. Starring (in ordine alfabetico) Alia.XXX, DolcissimaBastarda, Francesca Fini, Hypermedia Punk (Monica Mureddu e Fabrizio Palasciano), Letizia Lucchini, Lilith Primavera, Mafio 73, Noemi Valente, Vivia.
Francesca Fini è un’artista digitale di formazione, film maker, produce installazioni multimediali, video artista, media performer e body artist.

– Installazioni di Rope Art curate da Dolcissima Bastarda, creazioni che vedono l’antica arte del bondage messa a servizio della body-art con un raffinato e maturo gusto fetish.

– “Note Off” di Francesca Fini con Marco Casolino, installazione di musica e pelle.

– “The Mirror” di Francesca Fini con Letizia Lucchini ed Alessandra Carlesi.

– Presentazione di Carlo Infante (libero docente di performing media e fondatore dell’associazione di promozione sociale “Urban Experience”) di alcuni format di comunicazione sviluppati nell’ambito del performing media lab e che fanno da base per la performance “Hallucinated Journalism”. La performance mette in scena un dialogo tra l’artista del futuro ed il giornalista 2.0 portando ad una riflessione sul citizen journalism e sull’impatto dei nuovi media sulla comunicazione.

– Presentazione di Media Haka di un e-book interattivo sui materiali prodotti dalla performance “Hallucinated Journalism”. L’e-book è scaricabile gratuitamente.

In un corner sarà, inoltre, presente il Tag Cloud (#TEN10) dell’evento, con tutti i commenti e le osservazioni dal vivo sulla mostra. “Ten Reloaded” sarà visitabile sino al 13 gennaio 2011. L’atelier “degli Zingari Gallery” è situato esattamente nel Rione Monti in via degli Zingari, 52/54 – 00184 Roma.

TEN – cyberpunk performance art festival from TEN on Vimeo.

 

Siti Utili:
www.ten.roma.it

www.deglizingari.it

www.youartist.info

www.francescafini.com

www.soukizy.com

www.dolcissimabastarda.com
www.hypermediapunk.org

PLAY PLEASE!

Dicembre 06, 2010 By: admin2 Category: Articoli

02_play_please

di Melina Ruberti

La nuova produzione di teatro per ragazzi della compagnia teatrale pratese TPO

Presentata a Parma l’11 Novembre nell’ambito della rassegna Zona Franca – Festival di creazioni artistiche per un pubblico giovane, Play Please! è una sorta di commedia game ad alto grado di interattività dedicato agli spettatori più piccoli che, è proprio il caso di dirlo, “suonano con i piedi” e non solo.

Il Teatro delle Briciole nella splendida cornice del Parco Ducale è un azzuffarsi di voci, corse a perdifiato dal pulmino della scuola per non arrivare tardi; via le scarpe, timbri colorati sulle mani per distinguere i 4 gruppi nei quali sono raccolti i giovani spett-attori; un fluire brulicante ma non troppo rumoroso sulla scena, la presa di possesso delle rispettive postazioni ed – è questo proprio il caso di dirlo – si aprono le danze.

Immaginiamo di essere all’interno di un grande strumento musicale e immaginiamo che il nostro movimento possa creare musica e disegni nello stesso tempo con la semplicità di un gioco… “Play” in inglese vuol dire tante cose: “giocare“, “suonare“, ”fare teatro”. Quindi, giocando e suonando, il grande strumento nel quale ci troviamo diventa una piccola fabbrica di suoni, dove tutti i bambini sono invitati a partecipare e sperimentare il gesto come forma di composizione, esercizio creativo per una partitura musicale collettiva.

PLAY PLEASE! creato dalla compagnia TPO è un vero e proprio atelier musicale composto da postazioni interattive “luminose”: apparentemente c’è solo la luce dove ci muoviamo, ma questa è sensibile, grazie a sensori che, come corde di una chitarra impalpabile, trasformano i nostri movimenti in suoni e immagini. Si suona e si dipinge con la luce, ma anche con corde luminescenti o altri oggetti-giocattolo, e più semplicemente con le mani o tutto il corpo, in un ambiente predisposto a mettere in moto la voglia di curiosare, giocare e creare, propria dei bambini.

Preludio:

Il filo conduttore di questo “laboratorio dei suoni luminosi” è un ritornello che viene continuamente rincorso attraverso un itinerario teatrale suddiviso in quatto tempi che rappresentano a loro volta quattro fasi di una composizione che verrà ultimata alla fine del gioco.

I tempo “Le Percussioni”

I suoni impulsivi, ritmati, sono il primo ingresso nel mondo della musica, il modo più semplice e intuitivo per comunicare con il corpo in un gioco di associazione tra gesto e timbro musicale. E’ un tempo che stimola un salto, una giravolta, una danza.

II tempo “L’Atmosfera”

La musica nasce da un’atmosfera, un “mood”, uno stato d’animo… per sognare di essere un gatto che gioca con un gomitolo, una lunga corda che rotola e si srotola, un’onda sonora che avvolge e coinvolge.

III tempo “La Melodia”

Il punto d’incontro tra suono e ritmo è la melodia, e allora per questo seguiamo il canto degli uccellini in un giardino di mattina: loro, tutti insieme, senza prove o arrangiamenti, compongono melodie spontanee

IV tempo “La Voce”

Ecco che arriva un microfono: è uno strumento e va suonato con la voce; escono le parole, a volte vanno per conto proprio a volte invece si ricompongono e (sulla melodia) si mettono in rima. Ora possiamo cantare, possiamo suonare; allora tutti in piedi, la nostra canzone è pronta: “Play Please!

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NEM – Nuovi Eventi Musicali

Novembre 04, 2010 By: admin2 Category: Comunicazioni

Presenta, nella splendida cornice del nuovo Centro per l’Arte Contemporanea EX3 di Firenze,

Delusion (l’Inganno)

Di Laurie Anderson

LAurie-Anderson_delusion

Sabato 13 Novembre 2010

Ore 21

Viale Giannotti N. 81 – Firenze

Già sede di prestigiosa cultura underground ed antagonista, il nuovo EX3 offre a mio avviso la cornice ideale per ospitare la solennità linguistica ed ipermediale di Laurie Anderson, il cui estro da performer non solo digitale si è sempre accompagnato a intense ricerche sulla natura del linguaggio e le sue possibilità performative.

L’evento organizzato da Nuovi Eventi Musicali in collaborazione con Florens2010, Gruppo Cultura Impresa Confesercenti di Firenze, Centro d’Arte Contemporanea Ex3 e Assessorato alla cultura del Comune di Firenze si pregia di essere la prima esecuzione italiana del nuovo lavoro dell’artista.

Lo show amalgama video-installazioni, musica, monologhi, marionette elettroniche e violini, esprimendo al meglio il talento della Anderson come narratrice di storie: la capacità di raccontare attraverso immagini, suoni, parole, linguaggi, con un occhio critico sulla politica e la società americana.

Ulteriori informazioni su:

http://www.laurieanderson.com/; http://www.nuovieventimusicali.it/; http://www.ex3.it/

Prevendite aperte su circuito boxoffice e su http://www.boxol.it/. Infoline al 055 2001875.

SPECIALE MY MEDIA – FESTIVAL DELLA CREATIVITA’

Ottobre 20, 2010 By: admin2 Category: Articoli

MY_MEDIA_speciale_FDC_Pagina_01

“In questo numero speciale di My Media, realizzato in occasione del Festival della Creatività, potete trovare una
“piccola guida” agli eventi, conferenze, workshop, spettacoli che My Media seguirà.
Non è il programma ufficiale completo, piuttosto una selezione con spunti di riflessione.
Vi invitiamo a partecipare attivamente al Festival, anche per essere in linea con il tema principale, ovverosia il BRAINSTORMING:
andate alle conferenze, fate domande, fate proposte, approfondite, segnalate, in sintesi, vivete al 100% il Festival.

Inviateci le vostre riflessioni, i vostri commenti, i vostri giudizi, positivi e negativi, di quello che vedrete in questi quattro giorni in giro per Firenze.
Ne faremo tesoro e ne discuteremo. Grazie a tutti.”

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Massimo “Mamo” Pozzoli, l’architetto dei sogni

Ottobre 13, 2010 By: admin2 Category: Articoli

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di Francesca Pasquinucci

 E’ abbastanza difficile riassumere il suo curriculum, perché nei quattordici anni di quella sua fortunata carriera che sta arricchendosi di giorno in giorno progetti realizzati per alcuni dei più grandi nomi della musica italiana si sono moltiplicati: posso citarvi i set design per Marlene Kuntz (Tour Il vile, 1996; H.u.p. live in catharsis Tour, 1999; Senza Peso Tour, 2003), Afterohurs (Tour Hai paura del buio, 1997; Quello che non c’è Tour, 2002; Piccole Iene Tour, 200; I milanesi ammazzano il sabato Tour, 2008), La crus (Tour Dentro me, 1997: Dietro la curva del cuore Tour, 1999), Ustmamo (Tour Stardust, 1998; Tutto bene Tour, 2001), Carmen Consoli (Tour Mediamente Isterica, 1999), Roberto Vecchioni (Canzoni e Cicogne Tour, 2000), Bluvertigo (Zero Electric Tour, 2000; Pop Tools Tour, 2001), Subsonica (Microchip emozionale Tour, 2000; Amorematico tour, 2002; Controllo del Livello di Rombo Tour, 2003; Terrestre Tour e Be Human Tour, 2005; L’eclissi Tour, 2007 e 2008; Tour estivo, 2009). E ancora gli allestimenti per i tour di Biagio Antonacci, Gianluca Grignani, Cristina Donà, Cesare Cremonini, Riccardo Cocciante, Giorgia (Spirito Libero Tour, 2010) e Gianna Nannini (Gianna Dream Tour, 2010). Di fondamentale importanza la sua collaborazione con Elisa, iniziata nel 2006, per la quale ha realizzato progetti come Soundtrack Tour 2006, Summer Garden Tour 2007, Mechanical Dream Tour 2008, e Heart Alive Tour 2010, che hanno rappresentato e rappresentano tutt’oggi un passo in avanti per lo stage design italiano.

«Sono sempre stato nel campo della musica – mi racconta entusiasta Mamo, mentre siamo comodamente seduti sui divanetti bianchi nuovi nuovi del Gran Teatro Puccini di Torre del Lago che in una serata di Agosto ospita una tappa del tour estivo di Elisa – suonavo la chitarra nei gruppi (ho attraversato tutte la varie tribù musicali degli anni ’80, sono stato metallaro, punk, dark…), e questo mi ha permesso di avvicinarmi a tutta quell’ondata di rock italiano che ha avuto una sua visibilità agli inizi degli anni ’90, vedi Afterohurs, Subsonica, Negrita… Io facevo parte di quella scena perché ai tempi c’era un’offerta di tecnici ed esperti di musica molto ristretta rispetto ad oggi. Parallelamente alla musica lavoravo in teatro, e studiavo Architettura e Design al Politecnico di Milano. L’unione di queste tre cose mi ha tenuto sempre dentro all’ambiente spettacolo, e il passaggio al versante tecnico è arrivato con una serie di fortunate coincidenze. Nel frattempo ho smesso di suonare, perché ho capito che ero più portato ad occuparmi del lato tecnico della musica.

Il teatro è stata per me una grande palestra professionale, lì mi sono ritrovato a fare ogni mestiere possibile, lo scaricatore, il tecnico, il macchinista. Un grande onore è stato quello di lavorare, tra gli altri, al Piccolo Teatro di Milano, prima come macchinista e poi come elettricista e datore luci. La mia dimensione è stata comunque sempre quella del teatro di ricerca e tante sono le compagnie di Milano con cui ho lavorato, posso citare le meravigliose esperienze con la Compagnia del Buratto, quella con il Teatro Verdi, Santarcangelo, Teatro Lirico e Porta Romana. In queste compagnie piccole si faceva tutto, non c’erano i ruoli, eravamo due tre tecnici, e tutti facevano ogni cosa, tanto che spesso finivamo anche in scena. Quella del teatro è stata per me un’esperienza bellissima, ad un tratto ho dovuto allontanarmene perché gli impegni musicali mi assorbivano troppo e dovevo concentrarmi solo su quelli. Riuscire a ritornare a lavorare in teatro resta un mio grande sogno.

Il contatto vero con il mondo della musica è arrivato alla fine degli anni ’90, quando ho iniziato a fare lavori grossi, tour importanti, dopo avere passato dieci anni a lavorare con tante soddisfazioni per gruppi di amici che stavano avendo un po’ di visibilità, come Marlene Kuntz, La Cruz, Ustmamo, Bluvertigo, i già citati Afterohurs, e tanti altri.

Questa è stata la vera scuola perché con loro ho girato club di tutta Italia, allestendo centinaia e centinaia di concerti in tutte le condizioni immaginabili, utilizzando materiali che trovavo nei vari posti dove ci trovavamo. Condizioni sotto la soglia del minimo sindacale, ma che mi hanno dato la possibilità di imparare a creare effetti e situazioni con pochissimo, riuscendo ad ottimizzare tutto ciò che avevamo a disposizione. Era un lavoro non molto diverso da quello che facevo in teatro, c’erano pochi oggetti, pochi fari, ci dovevamo arrangiare ogni volta in qualche modo con vari espedienti. Lo sviluppo della creatività nasce anche da questo tipo di gavetta: questo potrebbe essere l’elemento principe di italianità, l’arrangiarsi sempre, il riuscire a risolvere le situazioni con poche e piccole cose, e ad uscire vincente dalle situazioni con una specie di “creatività umile”. Forse è una condizione legata alla “povertà” del nostro mercato affiancata all’estrema ricchezza di situazioni differenti che il nostro paese offre: è una cosa che ci differenzia molto dagli stranieri, che hanno un mercato musicale assolutamente molto più grosso e soprattutto molto più attrezzato, è un mercato in cui tutto deve essere perfetto, e in cui ogni minimo imprevisto desta grande scompiglio. Lo straniero è molto poco abituato e propenso a modificare il suo stato, a prendere delle decisioni che modificano l’esistente. A noi italiani invece piace trovare degli escamotages per superare le difficoltà, è un po’ il nostro pane quotidiano! Sono soluzioni naïf per cui gli stranieri molte volte ci prendono in giro e allo stesso tempo ci invidiano!

Il mio rammarico più grande è quello di non aver finito gli studi di Architettura, perché ad un tratto quello che studiavo sui libri era troppo lontano da quello che stavo facendo ormai a tempo pieno.»

Dal 1994, infatti, Mamo ha iniziato ad occuparsi anche di festival teatrali, dal 1994 al 1996 è stato direttore artistico del Festival Teatrale Toscana delle Culture di Grosseto, e ovviamente anche di festival musicali (Festival Nuvolari di Cuneo, 1998; Goa-Boa Festival di Genova, 2000, 2003; Festival Sintonie di Verona, 2001, 2003; Tora Tora Festival, 2002, 2003, 2004; Traffic Festival di Torino, dal 2004 al 2009; Be you Festival di Genova, 2006; Goods of Metal di Milano, dal 2007 al 2009), accanto ad una serie di eventi unici.

Continua Mamo: «Forse ho perso l’entusiasmo dei primi anni di università, in cui era presente un approccio molto ideologico verso l’architettura e pensavo che lei potesse cambiare il mondo. Quando mi sono scontrato con la realtà mi sono reso conto che non era così e si è creato uno scollamento infelice tra quello che studiavo, i miei ideali e quello con cui dovevo rapportarmi tutti i giorni nel mondo lavorativo. Alla fine ho visto che la realtà era quella che riusciva a darmi più soddisfazione, e per la prima volta vedevo realizzate delle cose che avevo progettato io, e riuscivo a toccare quello che per anni avevo lasciato solo sulla carta.»

Chi sono stati i tuoi designers di riferimento?

Quando lavoravo in teatro Svoboda era il mito per eccellenza, e lo è ancora, perché quello che è riuscito a fare lui nel ‘900 a livello di realizzazione, di immaginari , di innovazione, di creatività, ha rappresentato una svolta totale per questo tipo di lavoro. Lui non è stato solo lo scenografo, ma è stato uno dei primi ad avere un’idea precisa dell’opera totale, con la multidisciplinarietà e la multivisione.

Ovviamente sono molto legato alla generazione dei grandi show designers angloamericani, mostri sacri come Marc Brickman, Mark Fisher, Patrick Woodroffe, Paul Normandale, Anton Corbijn, ma apprezzo tantissimo i recenti approcci trasversali di Willie Williams, Roy Bennet, Oli Metcalfe. Ultimamente ho visto in giro molti giovani di talento, e sono veramente contento di questo: credo che in questi anni ci sia un’ondata pazzesca di creatività nuova, a dispetto delle condizioni di crisi in cui ci troviamo.

Che cosa vuol dire per te essere light designer?

Devo confessarti che per il mio tipo di approccio trovo spesso limitante parlare esclusivamente di luce senza affrontare in modo complementare le tante tematiche legate alla percezione visiva nell’ambito di uno spettacolo. Show designer o visual director credo che sia la definizione più giusta per il nostro lavoro, con la necessaria consapevolezza di esprimere solo uno dei mille mondi possibili. Ritengo invece che la figura del progettista della luce abbia la sua massima espressione e riconoscibilità in ambito civile, un architetto che si occupa di luce, magari con un taglio etico: civile perché lavora per la gente, e civile perché ha il compito di rendere fruibili, piacevoli e spesso sorprendenti i luoghi spesso anonimi in cui la gente vive e lavora. Nello spettacolo è molto relativo, parliamo di lighting design soprattutto per semplificare. Mi piace definirmi “architetto dell’effimero”, progetto ambienti destinati a vita breve, brevissima, costruzioni all’interno delle quali la luce va ad intrecciarsi alle architetture sonore, alla narrazione del cantante, va ad amplificare le emozioni, a suggerire interpretazioni. E’ una definizione ambiziosa, multidisciplinare, trasversale.

Come si lavora con la luce in un concerto musicale, e come può uno show designer rielaborare idee di altri che lo hanno particolarmente colpito?

Mi piace questo paradosso: io mi occupo del buio! Ho imparato con l’esperienza che la vera abilità sta nel gestire i vuoti più che i pieni, perché è sempre più facile aggiungere che sottrarre.. Quando parliamo di luce ovviamente non ci riferiamo solo a sorgenti illuminanti, oggetti illuminotecnici, ma parliamo di tracce impalpabili, di modellazione ambientale. Lo spazio è disegnato anche dalla luce. Io non ho un approccio troppo disciplinare, quando penso alla luce la mia idea si modella in funzione dell’obiettivo. La sua “funzione prima” in termini semiotici è quella di illuminare, permettere la visione di oggetti, persone e ambienti, modellando plasticamente lo spazio, la sua “funzione seconda” è quella di essere essa stessa narrazione emotiva, nell’alternanza appunto di buio e luce, colore e contrasto, senza dover necessariamente illuminare qualcosa: nel mondo dello spettacolo potremmo discutere quale delle due funzioni sia più importante. Direi che una volta trovata quella soglia percettiva che rende fruibile al pubblico la performance, sicuramente per me risulta più interessante esplorare l’altra sfera.

Gli spunti di innovazione in realtà sono pochissimi e quando arrivano sono dei lampi di genio, riservati a pochi eletti: la creazione è un riassemblaggio di cose già esistenti, e finché riusciamo ad estrapolare idee da contesti e le rielaboriamo per adattarle a contesti nuovi siamo di fronte ad un atto creativo costante e infinito. Pensando in grande, il salto in avanti a livello di progettazione credo sia stato fatto dagli U2 nel loro ultimo tour 360°, perché a livello quantitativo, prima di loro, nessuno aveva mai realizzato una cosa del genere. Hanno fatto una cosa talmente “oltre” che nessuno, proprio nessuno, è in grado di fare una critica tecnica, possiamo disquisire dello spettacolo, ma dobbiamo prendere atto che hanno spostato di molto in avanti la soglia dell’architettura effimera. Qualcuno dice anche troppo, tanto che forse è il caso di fare dei ragionamenti sulla direzione intrapresa.

Parliamo delle tue ultime creazioni. Puoi raccontarmi il processo creativo dei tour di Elisa Mechanical Dream , e di Heart Alive Tour?

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Io lavoro con Elisa dal 2006. In quell’anno abbiamo realizzato un tour, Soundtrack, con una parte invernale e una estiva: il palco dell’invernale era costituito da una multiproiezione su otto schermi, abbastanza classico come impostazione, ma molto raffinato, lineare, geometrico, esperienza totalmente trasformata in estate quando sul palco, ripulito di tutto, sono state inserite ben 80 piante di bambù vere, alte 4 metri. E’ stata una trovata particolare, perché in realtà non abbiamo inventato niente, abbiamo solo preso delle piante da un vivaio di Pistoia!

Ogni sera, alle 20, dopo il soundcheck, le piante venivano annaffiate, e ogni tanto dovevamo chiamare un giardiniere a potarle perché germogliavano in continuazione. A fine tour Elisa le ha trapiantate nel suo giardino a Monfalcone, dopo sei mesi ha dovuto estirparle perché avevano invaso la casa del vicino e stavano minacciando le fondamenta.

L’anno successivo è stata la volta di Mechanical Dream Tour, poche date per un grande show in cui abbiamo unito più arti. Taglio cinematografico sempre presente, e video più spinti del solito, accanto a coreografie e movimenti provenienti da vari elementi. A lei è venuta l’idea di chiamare Luca Tommassini per costruire le coreografie. Tutto è nato su indicazioni molto vaghe, ma quello che Elisa aveva chiaro era il titolo, quel tour doveva in tutti i modi chiamarsi Mechanical Dream, il sogno meccanico. Ho dovuto interpretare cosa volesse dire, ma la chiave di volta è arrivata ancora una volta da lei che mi ha raccontato il forte legame con la sua terra di mare, di cantieri navali. Sono così entrato in contatto con un immaginario di navi, di cantieri, di lavoro: un immaginario pazzesco, che io da milanese conoscevo a mio modo, vista l’archeologia industriale di cui le nostre metropoli sono ormai permeate, e mi è bastato poco per cogliere alcuni elementi tipologici, ferraglia, oggetti arrugginiti, forme pesanti, rumori.

Io ho fornito a Luca un contenitore molto grosso e articolato per poter ideare le sue coreografie, un palco alto 4 metri, diviso in due parti entrambe adibite alle performance; unendo le nostre competenze è venuto fuori un lavoro di cui vado molto fiero. Elisa si è occupata della parte musicale che ha incastrato perfettamente con le nostre scelte estetiche: lei descrive un’atmosfera particolare che vorrebbe all’interno di ogni pezzo, e noi costruiamo cose su quella sua idea, su quel suo sogno.

In fase di ideazione bisogna avere intuito nel trasformare in realtà gli input dell’artista. In Heart Tour, ad esempio, ci sono stati dei problemi nella fase iniziale proprio perché con Elisa non ci eravamo capiti, il palco che le avevo inizialmente proposto era totalmente differente a quello che poi abbiamo realizzato, ero andato in una direzione progettuale sbagliata, troppo tecnologica, con una preponderante sezione hardware video, peraltro con grossi costi previsionali. Non avevo ben colto delle atmosfere che lei (neo-mamma: un aspetto non trascurabile) mi aveva narrato, e in corso d’opera ho dovuto a un certo punto fare umilmente marcia indietro e rituffarmi nel progetto per crearne uno nuovo. Così è nato il palco di Heart Tour, la cui ispirazione è arrivata improvvisamente da un quadro di Mauritius C. Escher intitolato Salite e Discese, inno alla metamorfosi e all’illusione prospettica. Ho iniziato a giocare con livelli, scalette, rampe e un insieme di solidi primitivi, di forme infantili assemblate apparentemente a caso, disegnato andando anche contro i miei principi di simmetria. Una struttura giocosa, che poteva assomigliare ad un castello, tutto rivestito di bianco. Siccome la volontà di Elisa e Luca era di usare le videoproiezioni e non schermi led, gli ho fornito uno schermo totalmente non convenzionale, cioè l’intero palco! Elisa e la band si sono divertiti un sacco su quella struttura. In questo ultimo tour di Elisa, Heart Alive, abbiamo usato un tecnologia video di tipo mapping, che non consiste in semplici proiezioni in 3D, ma si tratta di proiezioni effettuate con dei software che fanno un rilievo dell’ambiente e delle superfici su cui si proietta, una specie di maschera sulla quale vengono proiettati contributi sfruttando le linee di fuga prospettiche. Se venisse proiettata la stessa immagine su un’altra superficie con un’altra forma, ad esempio una superficie piana, risulterebbe illeggibile: la proiezione si avvolge letteralmente sulla forma su cui è proiettata.

Qual’è stato invece l’input per l’ideazione del palco dell’ultimo tour di Gianna Nannini, il Gianna Dream Tour?

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Gianna Nannini e il grande Pepi Morgia mi hanno chiamato per portare qualcosa di particolare sul palco del Gianna Dream Tour, con un interesse per il video, che avevano usato in maniera molto tradizionale nel tour precedente. Gianna è Gianna, è grande, potente, d’impatto, e bisogna stare attenti a quello che le si mette accanto. In ogni caso ho cercato una via per crearle uno “sfondo” adatto. È nata l’idea del cilindro a led, già ampiamente visto in televisione ma poco utilizzato nel live proprio per le sue caratteristiche tridimensionali di difficile gestione su un palco frontale tradizionale. Quello da me pensato è stato un cilindro atipico, perché la superficie luminosa che il pubblico vedeva come posteriore non era esterna, ma interna: la struttura era di fatto formata da uno schermo semitrasparente convesso sul fronte e da uno concavo sul retro posti uno di fronte all’altro, con un’apertura a metà per accedere allo spazio interno.

L’effetto era unico: se usavamo lo schermo frontale avevamo un effetto stondato delle geometrie, nel momento in cui facevamo entrare in azione quello posteriore le sue immagini si miscelavano con quelle del primo schermo con una geometria ribaltata. Senza creare geometrie in 3D, bastava ad esempio disegnare una riga orizzontale e mandarla in su e in giù per realizzare un anello in movimento.

Non c’era nessun tipo di contributo narrativo, perché per ottenere questo gioco di illusioni era necessario usare una risoluzione dell’immagine medio-alta che non era adatta per contributi di tipo figurativo sia preprodotti che live. Così ho utilizzato una serie di grafiche pescando da quelle vengono sempre scartate in un contesto standard perché ritenute troppo banali ma che paradossalmente che nel mio caso si sono rivelate efficacissime.

I Subsonica sono un gruppo adattissimo a svolgere un discorso legato teatralità all’interno del concerto, sia per la loro immagine, per il loro modo di stare sul palco, sia per le loro idee e per il loro modo di scrivere testi e musiche. Tu hai seguito i loro concerti dall’inizio della carriera, puoi raccontarmi la loro evoluzione a livello di progetto palco e concept dello show?

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Gli allestimenti dei Subsonica sono cresciuti di pari passo con il loro successo. In ogni tour abbiamo cercato di aggiungere degli elementi dal punto di vista visivo che li rendessero riconoscibili, cosa che avveniva già nei loro video e nei servizi fotografici.

Con loro ho fatto sette tour. L’ultimo due anni fa, a mia vista il più bello, è stato L’eclissi Tour in cui ci siamo potuti permettere di sperimentare molto di più sull’aspetto visivo dato il budget leggermente più ampio. Loro hanno scelto di concentrare molta dell’attenzione sul visual, anche a costo di guadagnare meno. Volevano fare qualcosa di “eclatante”!

Io ho proposto loro di lavorare mixando in modo radicale, decontestualizzandoli, i canoni visivi consolidati dei loro due immaginari principali: la musica rock e la musica elettronica. Il rock ha dei suoi elementi iconografici standard, dei suoi stilemi, così come l’elettronica. Dovevamo provare a fonderli e a scombinare un po’ le carte: se nel rock il leader è il cantante che sta al centro, illuminato bene, con intorno tutto il resto del gruppo, nell’elettronica c’è un monte di macchinari, dietro a cui sta il dj al buio con alle spalle i visuals; ogni tribù hai suoi standard che vanno estrapolati dal contesto per essere trasformati. Questo è ciò che abbiamo fatto: innanzitutto abbiamo semplificato al massimo gli elementi, pensando al palco come ad uno spazio geometrico puro e assoluto, privo di spazi superflui.

Ho progettato un parallelepipedo largo 20 metri, profondo 4 metri, alto 2, totalmente nero, in cui la band era disposta allineata, un musicista accanto all’altro senza gerarchie; tutto il piano di calpestio era grigliato, tutti gli ampli, monitor, cavi e molte luci sono stati nascosti sotto; i tecnici, i backliner, il fonico di palco, che di solito stanno ai lati, sono stati posizionati dietro il parallelepipedo, in una specie di buca d’orchestra al contrario. I musicisti avevano comunque modo di dialogare con i tecnici, ma alle spalle. Delle luci mi interessava la funzione illuminante e la spinta dinamica proveniente dal rock mentre del mondo dance volevo l’attenzione maniacale al bpm e alla coerenza totale luce-suono. In questo contesto il layout grafico, che semplificando considero come la risultante geometrica delle linee (anche virtuali) tridimensionali su cui sono disposte le sorgenti luminose, doveva essere assolutamente coerente con i criteri estremi da noi adottati, cioè risultare scheletrico, essenziale, potente e macroscopico. Le luci e i video dovevano essere oggetti luminosi estremi: uno schermo led di tipo see-throw largo quanto l’intero palco l’ho messo davanti ai musicisti e uno identico dietro, movimentati da motori per inscatolare a piacimento le aree e anche le persone durante la performance. Le luci stavano sottopalco, allineate sul tetto o sul backwall ma sempre disposte in blocchi di tipologie omogenee non mischiate fra loro, Siamo arrivati ad avere quattro pareti costituite da elementi grafici, la cui interazione ha dato origine a tutte le forme plastiche che si possono ottenere da una configurazione così elementare. Era in fondo come un perseguire le linee grafiche degli strumenti di bordo dell’elettronica. Qui non sono stato certo minimalista, ma mi sono imposto di usare sempre un effetto per volta, però in forma macroscopica. Da questo tour ho sperimentato l’uscita da un mondo luci fatto di raggi classici tradizionali, di puntamenti “pettinati”, ho eliminato il controluce come da manuale e sono approdato al layout grafico, ed è stata una bella svolta stilistica.

 

Subsonica, Be Human tour. Le location erano i piccoli club, tour volutamente underground, lontano dalle produzioni da palasport, in cui veniva allestita una “gabbia” in layher (il materiale con cui si costruiscono le impalcature dei palchi) di 6 metri per 4, che li racchiudeva durante il concerto, e sulla quale erano appesi, come esplosi, una dozzina di semplici pannelli led come unica sorgente luminosa.