
Di Claudia Frandi
Sebastiano Tomà Bogi da anni si misura con l’obiettivo in diversi set. Predilige da sempre gli eventi e i concerti, ma interessanti sono i seguenti lavori più sperimentali dove si vede affiorare l’esistenzialismo già presente
in maniera latente nelle foto dei vari artisti.
Come ti sei avvicinato alla fotografia?
Dunque mi sono avvicinato alla fotografia già da bambino per poi studiarla a Milano durante il corso di grafico, trascurandola poi per il fumetto, da un certo punto di vista sempre ricollegato alla fotografia per lo studio che può esserci dietro, dall’ambientazione alla creazione dei soggetti e le inquadrature per riprendere in mano la macchina fotografica per un viaggio “rivelatore/di rinascita” fatto in solitaria a Cuba, da lì e per una lunga serie di eventi si è riacceso prepotentemente il fuoco della passione per la fotografia, che mi ha portato a seguire nuovamente tutta una serie di corsi dedicati, frequentare un circolo di fotografia, ricominciare a studiare ogni aspetto
fino ad arrivare ad avere una buona padronanza del “mezzo” e tenere alcuni
corsi base.
La scena sei tu a crearla o ti fai aiutare da qualche “collaboratore”?
La scena la creo e si crea, grazie a volte anche allo spunto dato da amici, sviluppato poi per la ricerca dell’ambiente che può cogliere quel soggetto, o a volte nasce da esplorazione di luoghi, spesso abbandonati, che possono portarmi l’ispirazione per un dato concept.
Sono curiosa….hai fotografi di riferimento? E periodi storici preferiti? Alcuni tuoi scatti sembrano una revisione moderna di melanconici periodi che hanno segnato molto anche altri ambiti culturali. Penso al cinema per esempio…
Non ho dei modelli principali di riferimento, ogni autore, fotografo ha un suo perché un suo modo di interpretare e da ognuno prendo qualcosa, quel che mi piace di più può essere il modo di usare i colori rispetto ai temi trattati. Prendo spunto sia dalla fotografia che dal cinema, dagli illustratori moderni ai passati artisti della pittura e della scultura ed ancora dai fumetti visto anche il mio trascorso.
Negli scatti metto tutto il mio bagaglio d’esperienza, per lo meno quello che mi son fatto fin ora e che tendo ad accrescere sempre più, quindi vi riscontrerai la passione per la pittura, per i fumetti, per il cinema e per la musica, e non meno la lettura…
Ogni foto sembra ammiccare ad un oggettivismo hegeliano che tende a minimizzare la possibilità dell’uomo di trarsi d’impaccio dai suoi stessi panni, ai quali è relegato, al luogo del sogno ove tutto è possibile nella misura in cui è pensabile. Il contatto con gli oggetti e con la natura stessa suggeriscono una ricerca quasi animista.
L’oggetto non è più mero soggetto di attenzione che conferisce alla foto dignità, ma diviene portatore di storia, anzi azzarderei di storie. Quelle che si trascina dietro a volte come pesante fardello altre come patrimonio indelebile di un passato che lo regalizza.
L’oggetto definisce anche il personaggio o meglio lo ancora a questa realtà/sogno dove egli si muove cercando e cercandosi nell’estenuante nube di sensi di cui è avvolto. Per non smarrirsi: è allora la ricerca del tangibile che lo tiene stretto sul confine tra reale, sogno e pazzia.
Una vera e propria “ filosofia della crisi ” che si snoda, scatto dopo scatto.
Non si stacca dall’oggetto, né si impone di ingannare lo sguardo dell’osservatore facendolo sembrare ciò che non è e alla stessa maniera non cade nella trappola della celebrazione della realtà. Non la usa come mezzo né tantomeno come fine.
E’il passaggio inevitabile dell’uomo sulla terra che lo lega inscindibilmente al proprio corpo e come tale lo rende terreno e bisognoso di tutto ciò che lo circonda.
La componente estrensicamente personale non affiora.
Ciò che queste fotografie ci offrono non è una visione del mondo assolutista, ma una delle tante possibili.
Le immagini non aspirano ad imporsi all’occhio dell’osservatore e per questo i particolari divengono curiose insegne che destano l’intelletto minuti dopo il passaggio dell’immagine nell’atmosfera retinica.
La reminescenza,il sogno, il reale giocato rendono il mondo di Sebastiano meritevole di essere vissuto in ogni suo scatto.
Il soggetto non si svincola dal costume.
Nato con lui nell’immagine dell’artista che malinconicamente apre le porte a scenari inusuali ma possibili.
Segno e simbolo affiorano alternativamente in un’altalena che solletica i sensi.
Un viaggio che merita di essere vissuto e lascia l’osservatore sgomento alla sua fine a chiedersi se il ritorno su questa strada dell’immaginato sarà possibile.
