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Osservatorio di Cultura Digitale
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Speciale “Market Forces”

Ottobre 08, 2009 By: admin2 Category: Senza categoria

Dalla teoria della complessità ai supermercati d’artista, la quinta edizione del Piemonte Share Festival

di Oriana Persico

Il Piemonte Share Festival celebra quest’anno la sua quinta edizione. Nell’anno della crisi finanziaria internazionale, il tema scelto non passa inosservato per la capacita di leggere, intercettare e in parte anticipare gli impulsi e i movimenti profondi che animano la realtà contemporanea: “Market Forces” è già nell’aria da tempo quando in borsa e dalle banche centrali iniziano ad arrivare i primi segnali di allarme.

Innestandosi su “Manifacturing”, tematica che ha caratterizzato il 2008,  la complessità è il punto di partenza  per progettare la nuova edizione. Come affrontare una realtà instabile in cui gli elementi sono così profondamente correlati fra loro e l’imprevisto gioca un ruolo fondamentale? Come affrontare un futuro che non è più immaginabile in modo lineare e in cui la complessità stessa  sembra l’unico approccio per relazionarsi a esso e alla risoluzione delle problematiche che pone?. La risposta di Andy Cameron, guest curator e presidente della giuria di Share Prize 2009, è “market”. Il mercato è la macchina per affrontare la complessità del futuro e l’imprevedibilità del sistema immerso in questo fitto intreccio si relazioni: un ecosistema. La sintesi di questo percorso – riuscitissima quanto attuale – è “Market Forces”. Ed è su questa riflessione che  artisti, intellettuali, curatori e pubblico sono chiamati a misurarsi in questo anno particolare.

Sharing The Crisis

Ma prima di entrare nel vivo del programma scoprendone insieme i dettagli e le novità, facciamo un passo indietro nei mesi scorsi, una piccola digressione che da un lato ci aiuta a spiegare le motivazioni dello slittamento del Festival da marzo a novembre, e dall’altro ci consente di entrare nella complessità di fattori che lo hanno determinato: un faccia a faccia con l’imprevedibilità di quelle stesse “Market Forces” che hanno ispirato lo statement artistico. Rappresentando senz’altro un momento di auto-riflessione, di attesa e forse di incertezza per gli organizzatori e per quel variegato mondo di amici, collaboratori, artisti e appassionati di arte digitale che negli anni si sono raccolti intorno alla manifestazione. Non escludiamo che la coincidenza fra intuizione iniziale e la contingenza storica abbia superato gli intenti dei curatori stessi.

Intanto, l’8 gennaio 2009 Simona Lodi, art director e ideatrice di Share festival insieme a Chiara Garibaldi, rilascia la terza intervista del ciclo “Interviewing The Crisis” (1), un intenso viaggio attraverso la crisi con i protagonisti internazionali della new media art: da Hellen Toringthon (Turbulence.org) a Mark Garret (NetBehaviour), la sua testimonianza è fra le più incisive, trovando eco e risonanza   da parte dei media e rispondendo forza e onestà a quesiti difficili. I tagli del 50-60% che gravano sulle iniziative culturali di Torino (e non solo) mettono subito in moto un processo di riorganizzazione del Festival, che riesce a dare una risposta attiva: la crisi si trasforma in stimolo per riprogettarsi intorno alle mutate condizioni esterne. Rimandato l’evento finale di qualche mese, in questo lasso di tempo si mette a punto una strategia di relazione col territorio:

“… Stiamo studiando varie soluzioni soprattutto legate al network di eventi e alla condivisione di progetti con altre realtà. La rete permette azioni che prima erano logisticamente impensabili e quindi ri-disegna dal basso strategie funzionali al network stesso, perciò aperto e orizzontale e, come dice Ned Rossiter, organizzato…

dichiara Simona nell’intervista. E lo scenario descritto si realizza puntualmente.

Attraverso un serrato confronto fra amministrazione e operatori culturali (che immaginiamo non facile), si arriva al concepimento di Digital Orbit, progetto nella cui ideazione lo Share ha avuto un ruolo determinante proprio a partire dal nome. Digital Orbit è un piattaforma che tenta di canalizzare le attività di più attori sul territorio concentrando in un lasso di tempo delimitato alcuni importanti eventi culturali, eterogenei fra loro ma comunicanti. Oltre allo Share Festival con The Sharing, animano il progetto Situazione Xplosiva e VIEW Conference, tre associazioni che hanno contribuito a rendere Torino e il Piemonte uno dei punti di riferimento internazionali nella divulgazione, promozione e comunicazione della cultura digitale, focalizzandosi rispettivamente su arte digitale, musica elettronica e computer grafica. Obiettivo dell’Orbita è attrarre le principali manifestazioni prodotte dalle associazioni – Share FestivalFestival Club To Club, ViewFest e ViewConference che si svolgeranno a Torino fra il 30 ottobre e l’8 novembre. Un cortocircuito di arte digitale e tecnologia, dancefloor elettronico e grafica di ultima generazione in cui ogni manifestazione partecipa apportando un campione esemplare del proprio ambito di competenza. Il tutto si inserisce nelle attività di Create 2009 (anno europeo della creatività e dell’innovazione) in corrispondenza alle date centrali di Contemporary Arts Torino Piemonte. Un’operazione di network territoriale complessa (nemmeno a dirlo) e articolata dalle ricadute potenzialmente molto interessanti, ma valutabili solo  in un ottica di medio-lungo periodo.

Il programma. General vue

Il vasto programma, che si articola nell’arco di sei giorni dal 3 all’8 novembre,  mette in luce la capacità del Festival di relazionarsi e collaborare con il territorio, di dialogare con soggetti eterogenei e di assorbire nuovi stimoli, mantenendo intatta la propria identità culturale e artistica come le iniziative stabilite. Location principale dell’evento è il Museo delle Scienza di Torino che ospita installazioni, mostre, performance, numerosi dibattiti e conferenze e, naturalmente, l’attesa premiazione delle opere finaliste di Share Prize.

Ma non solo. Share Festival si apre alla città e amplia il suo campo di azione e le sue prospettive.

Lo fa entrando nelle sale dell’Università e dell’Accademia per incontrare gli studenti e condividere con loro la sua esperienza di ricerca e produzione culturale, artistica e tecnologica. Partecipando al dibattito europeo sulla creatività e l’innovazione nell’ambito della conferenza internazionale “CreATe: connecting ICT research end creative enterprises” presso il Virtual Reality & Multi Media Park, il nuovo complesso torinese dedicato all’innovazione tecnologica. Collaborando col Castello di Rivoli che apre gratuitamente le porte al pubblico per un giorno. Curando e realizzando la mostra tematica “Market Forces”, che offre una vetrina internazionale a circa 20 artisti da tutto il mondo che in modo ironico, irriverente, giocoso e critico hanno interpretato il nostro rapporto con lo shopping, la merce e i luoghi del consumo. Investendo su un progetto speciale, “Squatting Supermarket”, versione radicale del market place e punto d’acquisto in realtà aumentata. Realizzando un percorso critico attraverso le sue conferenze-dibattito e raccontando “Fino alla Fine del Cinema” il processo di proiezione del nostro inconscio sulla realtà. Interfacciandosi con il suo pubblico con un sito completamente nuovo, un progetto editoriale vero e proprio, frutto di un profondo lavoro di ristrutturazione dalla veste grafica all’architettura dell’informazione, che a breve ospiterà una piattaforma di reblogger aprendosi a prospettive di analisi e contenuti multi-autore.

Le opere dei finalisti, dal canto loro, evidenziano alcuni elementi chiave sulle tendenze più attuali dell’arte e delle tecnologie digitali.  Il passaggio dall’estetica degli anni ‘90 segna la fine della tecnologia esplicita, del monitor, della metafora computer/scrivania tipica della net.art, della messa in prima fila di cavi e computer. A otto anni dalla bolla speculativa delle Dot.com (siamo nel 2001) l’ubriacatura per la tecnologia in sé e per sé come possibilità espressiva del mezzo e da ogni punto del globo si invoca a gran voce il ritorno ad un’economia reale. L’analogia con l’arte digitale è fortissima: le opere hanno assunto un aspetto più materico, perché la tecnologia è embedded. “Anche la net.art è fuori dagli schermi. Il digitale c’è, ma è nascosto oppure distribuito nell’ambiente (le tecnologie più in voga sono spime, rfid, realtà aumentata) e la tecnologia non è più identificata come foriera di un futuro roseo ” sottolinea ancora Simona Lodi, rilevando il proliferare non casuale di visioni legate a un futuro distopico e segnato dalla crisi economica, anche in versioni estreme come l’Atompunk (3), una versione “guerra fredda” dello Steampunk (4), a cui recentemente è stato dedicato il festival olandese Gogbot. A cui potremmo aggiungere le conclusioni di Robert  Neuwirth che nel suo libro “Shadow cities” (5) ipotizza un mondo in cui circa 2,5 miliardi di persone saranno costretti a vivere in squatt occupati: un futuro a suo parere non troppo lontano.

Added value & perspectives

Ideare un festival è una operazione complessa, dal punto di vista culturale, estetico e organizzativo. Dialogare con il proprio territorio e costruire azioni comuni è l’obiettivo dichiarato sulla carta da ogni policy. Scegliere un punto di vista sulla realtà e dichiararlo pubblicamente significa assumersi la responsabilità del proprio “essere-nel-mondo”. Se contiene questi tre livelli e riesce a toccare le nervature profonde della realtà contemporanea, l’operazione culturale dello Share Festival non si riduce tuttavia a un premio internazionale, mostre originali, performance, conferenze e dibatti ben congegnate e di alto livello. Il motore, la forza primaria che sembra dar vita alla manifestazione e alle sue diverse anime (dal Festival ai numerosi progetti quali Action Sharing, Share Crossing e Share Campus) è la necessità di costruire attivamente una visione del futuro per rispondere alle problematiche, alle sfide e alle emergenze del nostro ambiente: la tecnologia, come l’arte digitale – sembra questa l’impostazione ampiamente condivisibile dei curatori – sono in grado di mostrare strade percorribili e diventare un valido strumento di analisi/azione/reazione, ma soprattutto possono veicolare ad un pubblico ampio – e non necessariamente di settore – la percezione che alternative e possibilità all’esistente sono aperte.

È questo, forse, il valore aggiunto più alto di Share Festival visto nel suo insieme. Proprio comprendendo questa tensione di fondo, diventa ancora più interessante scoprire le reazioni degli artisti, degli intellettuali e del pubblico, nei sei giorni di festival,  di fronte a uno stimolo così forte come dover scavare dentro e attraverso le forze nascoste e le pulsioni che regolano un atto solo apparentemente semplice e immediato come acquistare il nostro shampoo preferito al supermercato sotto casa.

[Note: ]

http://www.interviewingthecrisis.org

http://www.toshare.it

http://boingboing.net/2008/12/03/atompunk-fetishizing.html

http://it.wikipedia.org/wiki/Steampunk

http://www.ted.com/talks/robert_neuwirth_on_our_shadow_cities.html

Approfondimento (1)

Share Prize 2009

La giuria, gli artisti e le opere

Lanciato nel 2007, Share Prize è il fiore all’occhiello del Festival insieme ad Action Sharing, una piattaforma per la ricerca sincretica il cui scopo è favorire l’incontro fra metodo scientifico e ricerca artistica attraverso la collaborazione di artisti, accademici e mondo imprenditoriale nella realizzazione di progetti comuni.  Al premio, che vuole scoprire, promuovere e sostenere le arti digitali, partecipano in media circa 3-400 artisti da ogni parte del mondo, mentre le opere sono selezionate da una giuria internazionale che quest’anno, oltre a Andy Cameron nella figura di presidente e guest curator, è composta da Bruce Sterling (giornalista e scrittore amico storico dello Share), Emma Quinn (curatrice new media art, Londra), Giovanni Ferrero (presidente Accademia delle Belle Arti, Torino), Rosina Gomez-Baez (direttrice Laboral Centro de Arte y Creación Industrial, Gijon).

6 i finalisti dell’edizione 2009 le cui opere, anche in modi molto diversi, riescono a mettere in evidenza le relazioni fra gli elementi di un sistema complesso: fra caos e valore, significato e casualità, politica ed economia, queste “astrazioni instabili”, parafrasando le parole dei curatori, arrivano alla nostra percezione sotto forma di sculture-installazioni che ne mostrano gli effetti tangibili  in e attraverso l’ambiente e nella nostra realtà quotidiana.

Ernesto Klar (USA/Venezuela), con l’installazione interattiva “Convergenze Parallele”, esplora la poetica della rivelazione e della trasformazione dell’impercettibile. Attraverso un cono di luce, le particelle di polvere presenti nell’aria tracciate, visualizzate, sonorizzare e proiettate su una parete: lo spettatore scopre come il suo stesso respiro influenzi il suo ecosistema.

Chris O’Shea Audience (Gran Bretagna) inverte il rapporto fra osservato e osservatore, oggetto e soggetto dell’osservazione: “Random International” è una comunità di specchi che insegue gli spettatori. Una volta oltrepassato il perimetro dell’installazione, gli specchi intercettano il soggetto e si muovono verso di lui seguendolo negli spostamenti: chi guarda chi? L’opera o lo spettatore?

Ralf Baecker (Germania) simula una rete neurale logica fatta di legno, cordini e pesi, ma perfettamente funzionante: “Rechnender Raum” (Calculating Machine). Questa scultura leggerissima rigida, geometrica, filiforme, esternalizza il processo logico presentificandolo nello spazio: lo spettatore vede l’esterno della macchina, ne segue il funzionamento e i meccanismi interni, ma allo stesso tempo la comprensione di teli meccanismi rimane nascosta.

Francesco Meneghini e William Bottin (Italia) si ispirano al comportamento collettivo degli insetti. “Sciame 1” è un oggetto costruito attraverso una ventola e un campo magnetico: in uno spazio buio pezzi di carta simili a insetti luminosi si inseguono nell’aria volteggiando fra rumori e ronzii e suoni frammentari generati dall’azione delle mani.

Andreas Muxel (Germania), con la sua scultura cinetica “Connect”, modella il caos. Tredici moduli connessi a una matrice costituiti da 1 microcontroller, 1 motorino, 1 sfera d’acciaio attaccata a un elastico; sensori piezoelettrici fra la sfera e il motorino. Privi di un programma generale, gli elementi della scultura seguono istruzioni autonome realizzando un sistema analogico non-lineare e, quindi, caotico.

Lia (Austria) presenta l’opera di net.art più classica. “Proximity of need” è un sistema generativo interattivo in cui, a partire da un set di parametri immagini e suoni creano composizioni audiovisive. Raggiunta la saturazione, l’immagine sfoca sovrapponendosi e intrecciandosi con quella successiva.

Nel loro complesso queste opere rivelano quasi un rifiuto ad essere digitali: con la loro forte fisicità, valicando i limiti dell’estetica generativa e interattiva, solide e concrete, rappresentano una bellezza tradizionale a cavallo tra artigianato e attitudine hacker.

La premiazione delle sei opere finaliste avverrà sabato 7 novembre a partire dalle ore 18.30 presso il Museo delle Scienze di Torino.

Approfondimento (2)

Share Conferences

4 percorsi paralleli

Le conferenze curate da Share Festival esplicitano il percorso teorico che ha portato sintetizzato nello statement artistico, proponendosi come momento di dibattito e dialogo aperto con gli intervenuti: come tutti gli eventi in programma, le conferenze sono aperte e gratuite assolvendo all’ispirazione profondamente pubblica del festival. Sarà il Museo delle Scienze di Torino il luogo di incontro per intellettuali, curatori, artisti e accademici chiamati a portare il loro punto di vista e a confrontarsi.

1. Mostre Market Forces e Screening Fino alla fine del cinema

Lo screening Raccontato: le opere degli artisti della mostra “Market Forces” e dello screening di webcinema “Fino alla fine del cinema” attraverso la visione e il commento delle opere in diretta.

Giovedì 5 novembre ore 15.30-16.30

Presentano: Simona Lodi e Luca Barbeni (Share Festival)

Interviene: Simone Arcagni (scrittore e saggista)

2. Art vs Market

La globalizzazione dell’arte e il continuo allargamento della sua definizione si mescolano, nella scena artistica internazionale alla necessità di riflettere sugli impatti socio-culturali del software: una problematica da affrontare anche in termini pragmatici come il mantenimento, la documentazione e la preservazione delle opere digitali. Ma l’arte contemporanea è anche una fonte di conoscenza sull’economia, mettendo in luce processi nascosti, poco visibili e spesso occultati dai media.

Sabato 7 novembre ore 14.30

Modera: Andy Cameron/Simona Lodi

Intervengono: Alessandro Ludovico (Neural), Franzisca Nori (Museo Strozzina, Firenze), Antonio Caronia (Aksioma)

3. Arte e Comunicazione

Arte e pubblicità si incontrano nel marketing: rispondono alla sfida delle nuove tecnologie, culture e formazioni sociali emergenti; vedono il dissolversi progressivamente la distinzione fra pubblico e produttore; sperimentano nuove forme di interazione. Qual è il significato di questa convergenza per l’industria dell’advertising e per il mercato dell’arte? Cose succede quando arte, design e marketing si ibridano? Che ruolo giocano i social network globali e l’innovazione? Rispondono direttamente pubblicitari, designer e artisti messi a confronto.

Sabato 7 novembre ore 16.00

Modera: Andy Cameron

Intervengono: Joel Bauman (Tomato), Renzo di Renzo (Fondazione Buziol, Venezia), Alex Giordano (Ninja marketing)

4. Market Forces

I limiti della comprensione in una transizione complessa: cosa significa costruire sistemi il cui comportamento non siamo in grado di prevedere o comprendere? Il panel affronterà le questioni legate al caos e al valore, dell’ibridazione fra arte, biologia, tecnologia, politica ed economia, interrogandosi sulle problematiche del controllo e sulla possibilità di costruire economie alternative basate sul dono, libere e aperte.

Domenica 8 novembre ore 14.00

Modera: Pietro Terna (Università di Torino)

Intervengono: Richard Barbrook (Università di Westminster), Bruce Sterling (scrittore e giornalista), Giovanni Ferrero (Presidente Accademia Albertina), Sorin Solomon (Università di Tel Aviv e Progetto Lagrange/CRT), Roberto Burlando (Università di Torino),Kathe Kelly (autore del libro How I Lived a Year on Just a Pound a Day).

Approfondimento 3

Share Special Project 2009

“Squatting Supermarket”. Realtà aumentata, shoppingg based narratives e modelli di business interstiziali

Progetto speciale di Share Festival 2009 a cura di Salvatore Iaconesi aka xDxD.vs.xDxD, “Squatting Supermarkets” narra l’evoluzione del quotidiano entrando  del cuore vivo e pulsante di Market Forces: lo shopping. Guardare i prodotti sugli scaffali, scegliere, pagare, indebitarsi, farsi convincere e sedurre, relazionarsi con loghi, messaggi, altre persone: comprare è un’esperienza che riempie le nostre giornate, costruita attraverso immagini, suggestioni e strategie talmente complesse che sfuggono sistematicamente alla percezione dell’utente finale. “Ogni prodotto”, citando lo statement artistico “genera una reazione a catena costruita da anelli ambientali, sociali, politici, economici, tecnologici, relazionali, emozionali. Queste connessioni, così complesse e ramificate, sono poco esplicite: alle persone è riservato troppo spesso solo il messaggio esperienziale del “compra questo oggetto/servizio, è fatto proprio per te, per come vuoi essere“.

Figura ibrida a cavallo fra hacking, ingegneria e rave party, Salvatore Iaconesi parte da questi presupposti per realizzare Squatting Supermarkets, una versione radicalmente ecosistemica di marketplace e visionario punto di acquisto  in realtà aumentata: l’innovazione nasce dall’interstizio, il valore e l’infrastruttura in cui si produce è l’ecosistema stesso, con tutte le sue ramificazioni, connessioni stratificazioni. Le tecnologie, usate per creare nuovi spazi di azione/comunicazione e sovrapporli alla realtà ordinaria aumentandola, consentono inedite possibilità di fruizione e interazione: ubique, accessibili, ma soprattutto emergenti e polifoniche, emozionali e relazionali.  “Squatting Supermarkets racconta proprio questa possibilità, uno spazio in realtà aumentata tecnologicamente sovrapposto alla realtà ordinaria”: un marketplace interstiziale che vive in squat sulle infrastrutture fisiche e immateriali esistenti (loghi e luoghi del consumo).

Il progetto è presentato seguendo due modalità: un’installazione interattiva all’interno della mostra tematica “Market Forces”e un workshop esperienziale, come prolungamento delle Share Conferences giovedì 5 novembre alle ore 17.00 (Museo delle Scienze).

Nell’installazione, un supermercato minimale evidenzia la struttura, i prodotti, i messaggi che li descrivono. La vasta rete di connessioni che definisce la storia del prodotto si esplicita e diventa accessibile, estendendo in senso ecosistemico, narrativo e poetico, quelle tecniche di tracciamento e manipolazione dei dati che le corporation sfruttano per fini esclusivamente commerciali e/o politici: incrociare dati provenienti da codici a barre, RFID, carte di credito, transazioni finanziarie. Le storie del prodotto e di coloro che lo acquisiscono entrano improvvisamente in scena: story telling distribuito. La porta di accesso a queste storie sono i loghi: shopping based narratives. Nel supermercato minimale di Squatting Supermarkets, avvicinarsi a un prodotto è un’esperienza immersiva nella sua storia e con la possibilità di scriverne una parte: muovendo le mani, disegnando gesti, esponendo il proprio punto di vista e le proprie emozioni. Il ‘prodotto’ si anima, diventando uno spazio, un’opportunità, una rete di relazioni, un dominio di possibilità e opportunità. Anche quello di un conflitto profondamente contemporaneo, scontro, interazione forte, dal warfare informazionale a forme di azione/comunicazione critica, ma anche e soprattutto in modelli di business e di azione poetici, sostenibili, accessibili ed ecosistemici.

A cura di Art is Open Source e FakePress, la neonata casa editrice ideata da Salvatore Iaconesi e Luca Simeone, il workshop “Complex shopping narratives”, momento di approfondimento critico performativo, estende l’esperienza del supermercato/installazione all’uso di tecnologie mobili, ubique e in realtà aumentata. SPIME, ambiente interattivo, interfacce gestuali e naturali, ma soprattutto iSee, un’applicazione per Iphone prodotta da FakePress e basata sul riconoscimento dei loghi, diventano gli strumenti di analisi e interazione diretta col pubblico per esplicitare la visione critica, metodologica e poetica del progetto. Microcosmi narrativi (aperti, emergenti e multiautore) collegati a social network tematici p2p, si sovrappongono ai prodotti con un gesto, semplice e potenzialmente accessibile a una massa critica di persone: fotografarne il logo con un iPhone o un cellulare. Improvvisamente si apre uno scenario in cui è possibile attivare non solo reti esperienziali e relazionali, ma anche economie alternative e innovative che si sviluppano come le piante nelle crepe dei muri, in questo senso un terzo paesaggio (si pensi al caso semplice in cui fotografando il logo di un prodotto x si scopre che a pochi metri è possibile acquistarlo nella sua versione biologica magari a un prezzo minore, o che esiste un gruppo di acquisto proprio vicino a casa propria, o ancora che il prodotto ha causato un numero enorme di allergie o di vittime nel lontano paese in cui viene assemblato).

Le implicazioni di Squatting Supermarkets sono forti e distribuite su molti livelli (di complessità) non riassumibili in questa sede. È però facile intuire, a partire dallo statement artistico del Festival, perché sia stato scelto come Special Proiect di questa edizione. Squatting Supermarkets (in particolare nella sua versione iSee per iPhone/cellulari che è anche un prodotto editoriale di FakePress) è insieme: un’opera d’arte; una tecnologia innovativa; un prototipo perfettamente industrializzabile con un mercato potenzialmente infinito (un meta-mercato si potrebbe azzardare); un modello di business interstiziale, ecosistemico, basato sulla complessità; un’operazione di reverse engeneering sociale (i codici, le pratiche e i luoghi stessi del consumo, a partire da loghi e punto vendita)  Non si limita a detournare, irridere, svelare il market, ma lo invade riprogrammandone il codice dall’interno. In questi termini il conflitto non può assumere la forma tradizionale della contrapposizione dialogica: se la dimensione di scontro rimane come forma di interazione forte fra un pluralità di soggetti con interessi eterogenei e confliggenti, questo conflitto rimane multi-direzionale, non risolvibile in modo lineare e con una caratteristica del tutto particolare. Se applicato, costringe a trasformare in senso ecosistemico il concetto di valore, risultando un gioco a somma zero: una opportunità da cogliere attraverso un’interazione che presuppone non la scomparsa di un avversario, quanto un processo di interrelazione dinamica delle parti (tendente alla coesistenza), stimolato da un cambio di atteggiamento e guidato da un interesse personale, “costretto” suo malgrado a produrre valore per tutto l’ecosisistema perché questa diventa la cosa più conveniente.

Interessante seguire gli sviluppi e le prospettive di realizzazione del progetto che, dopo la presentazione di Frontiers of Interaction V a Roma, trova nello Share Festival 2009 la cornice perfetta per accoglierne l’anima artistica-performativa, l’approccio teorico e metodologico e, infine, la possibilità di relazionarsi in un cointesto ibrido a cavallo fra arte contemporanea, ricerca scientifica e mondo imprenditoriale.

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