
Di Fabrizio Pecori
Appartenendo ad una antica famiglia di blasonati, sono ormai abituato a fare i conti con uno scarsamente allettante stemma araldico di famiglia (che presenta una pecora rampante nera in campo giallo).
Superato il trauma infantile ed adolescenziale, ho trovato oggi simpatico indossare un lanuginoso “cuore di pecora” che accendendosi e vibrando mi ha ripetutamente chiamato ad entrare in scena nel palcoscenico mediatico del Teatro Fabbrichino di Prato, dove la compagnia TPO ha proposto l’ultima replica dello spettacolo interattivo per i più piccoli: Kindur, vita avventurosa delle pecore in Islanda.
Kindur in islandese significa pecore ed esplorare e dar vita ad un percorso metaforico ed altamente interattivo nel corso del quale i giovanissimi spettatori, ma in questo caso anche gli adulti consenzienti, vengono chiamati ad interagire con il paesaggio ed i suoi abitanti, è lo scopo ultimo di questa ultimissima proposta del Teatro di Piazza e d’Occasione.
Se il tuo cuore si illumina e comincia a vibrare è venuto il tuo turno di unirti alla vasta famiglia di pecore che attraversa le misteriose e fredde lande dell’isola del nord.
Il verde dell’erba fresca ed appetitosa, il bianco dei ghiacciai, il rosso incandescente della lava, l’ocra vaporoso dei geyser, l’iride variopinta delle aurore boreali, le brughiere deserte e le cascate rappresentano innumerevoli occasioni di incontro con i fantastici abitanti dell’Islanda la cui esistenza si può intuire solo attraverso indizi e circostanze.

Un viaggio avventuroso ed eroico che le tre protagoniste, affiancate di volta in volta da gruppi sempre diversi di consorelle dal cuore illuminato, affrontano con passo di danza. La magia e la fiaba vengono generate attraverso l’uso di sensori e tecnologie digitali.