Archive for Dicembre, 2010
Kindur: 3 pecore a Teatro
Metastasio Ragazzi 2010/2011
Teatro Fabbrichino
Via Targetti 10/8 – Prato
sabato 11 e 18 dicembre ore 17.00
domenica 12 e 19 dicembre ore 17.00
“KINDUR”
vita avventurosa delle pecore in Islanda
Coproduzione Compagnia T.P.O./Teatro Metastasio – Stabile della Toscana
Debutta a Prato, al Teatro Fabbrichino nella stagione Metastasio Ragazzi, lo spettacolo “Kindur – vita avventurosa delle pecore in Islanda”, un nuovo progetto firmato dalla Compagnia TPO e il Teatro Metastasio Stabile della Toscana.
‘Kindur’ in islandese significa “pecore” e questo è uno spettacolo dedicato all’Islanda vista attraverso gli occhi delle sue pecore avventurose. Tutto il territorio di quest’isola è pervaso da un‘aura fiabesca. Dal bianco dei ghiacciai all’aurora boreale, dai geyser al fragore di cascate gigantesche, questo è un paese dove ogni elemento naturale sembra animato da forze misteriose: è qui che una roccia può diventare un troll ed è nelle sue brughiere deserte che gli elfi esercitano il loro potere magico.
In “Kindur” la storia di tre pecore si sviluppa parallela al ciclo delle stagioni: nasce in autunno, con il vento che tempesta l’ovile e prosegue fino alla tarda estate. Sarà un viaggio pericoloso, eroico; la fiaba di una natura che è leggenda, musica… In questa occasione il viaggio è guidato da tre performers d’eccezione (Paola Lattanzi, Anna Balducci e Erika Faccini) che accompagneranno il pubblico alla scoperta dell’Islanda grazie anche alle bellissime immagini realizzate da Elsa Mersi e rese vive dall’uso di sensori e tecnologie interattive che caratterizzano le produzioni della compagnia pratese.
TPO ha realizzato per questo spettacolo uno spazio scenico “sensibile” dove il pubblico, soprattutto quello dei più piccoli, può entrare in scena, immergersi nei vari ambienti naturali e giocare anche attraverso l’ausilio di “cuori di lana” che verranno consegnati a ciascun spettatore e che agiscono (accendendosi e vibrando) in modo interattivo. Ogni bambino entrerà nel personaggio della pecora attraverso il proprio cuore e parteciperà ad un viaggio immaginario nel meraviglioso e drammatico paesaggio islandese.
Ten Reloaded
Ten Reloaded, fotografia, video e performance, presso l’atelier “degliZingari Gallery”, 22 dicembre 2010
Roma: Mercoledì 22 dicembre 2010 alle ore 21 presso l’atelier “degliZingari Gallery” accoglierà la mostra “Ten Reloaded” rievocativa della prima edizione del Festival di Performance Art Cyberpunk “Ten” del 9 ottobre 2010 presso il Lanificio, un festival che ha visto un’interazione di sperimentazione massima di cultura cyberpunk, bondage art, installazioni interattive, body art estrema, videoarte e danza contemporanea.
La mostra “Ten Reloaded” sarà presentata da Luciana Cameli (presidente dell’associazione “You Artist”) e Francesca Fini (autrice del concept e direttrice artistica di “Ten”). “Ten Reloaded” si articola in una variegata serata di fotografia, video e performance per ricordare il “Ten” e la sua promessa di divenire uno degli eventi di riferimento della Live Art a Roma.
Il programma della serata si articola in:
– Expo Fotografica dell’artista Soukizy Redroom: reportage di impressionante presenza scenica in cui l’artista ha immortalato dettagli delle performance sul palco nella giornata del 9 ottobre. Soukizy è una fotografa professionista di eventi live e set fotografici.
– Proiezione in anteprima del documentario “10 corpi del reato”, video realizzato per l’evento Ten da Francesca Fini e prodotto dall’associazione culturale nazionale You Artist. Starring (in ordine alfabetico) Alia.XXX, DolcissimaBastarda, Francesca Fini, Hypermedia Punk (Monica Mureddu e Fabrizio Palasciano), Letizia Lucchini, Lilith Primavera, Mafio 73, Noemi Valente, Vivia.
Francesca Fini è un’artista digitale di formazione, film maker, produce installazioni multimediali, video artista, media performer e body artist.
– Installazioni di Rope Art curate da Dolcissima Bastarda, creazioni che vedono l’antica arte del bondage messa a servizio della body-art con un raffinato e maturo gusto fetish.
– “Note Off” di Francesca Fini con Marco Casolino, installazione di musica e pelle.
– “The Mirror” di Francesca Fini con Letizia Lucchini ed Alessandra Carlesi.
– Presentazione di Carlo Infante (libero docente di performing media e fondatore dell’associazione di promozione sociale “Urban Experience”) di alcuni format di comunicazione sviluppati nell’ambito del performing media lab e che fanno da base per la performance “Hallucinated Journalism”. La performance mette in scena un dialogo tra l’artista del futuro ed il giornalista 2.0 portando ad una riflessione sul citizen journalism e sull’impatto dei nuovi media sulla comunicazione.
– Presentazione di Media Haka di un e-book interattivo sui materiali prodotti dalla performance “Hallucinated Journalism”. L’e-book è scaricabile gratuitamente.
In un corner sarà, inoltre, presente il Tag Cloud (#TEN10) dell’evento, con tutti i commenti e le osservazioni dal vivo sulla mostra. “Ten Reloaded” sarà visitabile sino al 13 gennaio 2011. L’atelier “degli Zingari Gallery” è situato esattamente nel Rione Monti in via degli Zingari, 52/54 – 00184 Roma.
TEN – cyberpunk performance art festival from TEN on Vimeo.
Siti Utili:
www.ten.roma.it
Lucca Digital Photo Fest 2010
Sono gli ultimi giorni (fino al 12 Dicembre) per vedere la rassegna di foto digitali e retrospettive fotografiche di grandi artisti o dedicate a grandi personaggi dello spettacolo proposta nella sua sesta edizione a Lucca.
Vi proponiamo di seguito qualche immagine:
Bert Stern: The Last Sitting, 1962
©Donna Ferrato.West Broadway & White Street, 2006
Munari - Di treni , di sassi e di vento - Tirana
REVENGE OF THE GOLDFISH, © 1981 Sandy Skoglund
Ritratti del Potere
intervista a Franziska Nori
di Antonio Viscido
1) Un tempo il ritratto serviva ad esaltare il potere. Oggi è uno strumento che viene usato non solo per esaltare ma anche per contestare e talvolta ridicolizzare il potere stesso, tanto da poter ribaltare il concetto in “il potere del ritratto”. Quando c’è stato il punto di svolta e perché?
La tradizionale definizione sociopolitica del potere inteso come esercizio di un’influenza o come capacità di condizionare il comportamento di altre persone non riesce a rendere ragione della complessità e delle diverse (e anche nascoste) forme di potere presenti nella nostra società. Nell’epoca attuale, il ruolo e l’influenza delle immagini nel mondo della politica, dell’economia e della società in generale sono cresciuti a tal punto da far emergere in modo forte il loro valore non solo di raffigurazione ma anche di affermazione e costruzione del potere. È spesso tramite un’immagine che un uomo politico fonda la propria fortuna o segna la propria disgrazia politica. È sulla base di una campagna pubblicitaria ben congeniata che un’impresa costruisce il proprio successo commerciale. Sono spesso immagini televisive o del mondo dell’informazione che una società prende come propri modelli di riferimento. Inoltre, nella moderna società occidentale democratica, il potere non è più solo prerogativa di singoli individui o famiglie, ma è distribuito in sistemi complessi e organismi politici ed economici che si condizionano reciprocamente. Di conseguenza, oggi il rapporto dell’artista con la rappresentazione del potere è profondamente ambivalente e differenziato. Per i potenti di oggi non è più fondamentale essere ritratti da un artista. Al suo posto ci sono esperti di pubbliche relazioni, spin doctor e uffici stampa altamente specializzati che elaborano campagne mirate per i diversi canali di comunicazione. Nel settore della comunicazione, la reputazione pubblica di un singolo individuo, di un ente o di una società è fondamentale a tal punto da essere sempre accuratamente costruita in funzione delle reazioni dell’opinione pubblica con cui si pone in confronto. Questo vale tanto per i politici quanto per imprese e istituzioni, la cui presenza nei media è tenuta costantemente sotto controllo e costantemente aggiornata o modificata sulla base di sondaggi d’opinione continuamente commissionati.
2) La Strozzina si definisce un Centro di Cultura Contemporanea e non solo d’arte contemporanea. La cosa ci piace molto ma come si passa da Centro d’Arte a Centro di Cultura?
L’intenzione é di essere piu che un mero centro espositivo che omaggia le tendenza attuali nell’arte contemporanea ma di essere una piattaforma di discussione, di acquisizione di nozioni nuove e di dialogo culturale.
Il CCCS è nato nel 2007 come parte della Fondazione Palazzo Strozzi nella volontà di dare alla città di Firenze un centro di livello internazionale in cui produrre e presentare progetti espositivi tematici di arte contemporanea che trovano la loro ispirazione e origine nei paradigmi attualmente dibattuti nelle diverse discipline umanistiche e scientifiche.
In questi tre anni il CCCS si é affermato con un programma incentrato sull’analisi di fenomeni antropologici e sociologici come nel caso della mostra As Soon as Possible che affrontó la tematica del tempo all’interno della cosiddetta “high speed society”; oppure Sistemi Emotivi dedicato al rapporto tra razionalitá e emozione nella fruizione dell’arte, un progetto sviluppato alla luce delle più recenti scoperte neuroscientifiche; e poi le mostre Cina Cina Cina!!! e Arte, Prezzo e Valore che proponevano un’analisi critica della correlazione tra arte e mercato; si è parlato anche di ecologia e sostenibilità ambientale con la mostra Green Platfom (2009) fino ai più recenti progetti Realtà Manipolate e Gerhard Richter e la dissolvenza dell’immagine nell’arte contemporanea (2009/10) che hanno affrontato il problema della rappresentazione della realtà a fronte delle recenti tecnologie di riproduzione e diffusione delle immagini.
3) Voi fate anche molta attività didattico/formativa, con le lecture, con lo scopo di avvicinare i cittadini alla “cultura contemporanea”. Come nasce l’idea, che risposte avete avuto e cosa avete in programma in relazione a questa mostra?
Al CCCS dedichiamo particolare attenzione al programmare attività per il pubblico che approfondiscano le singole tematiche proposte dalle mostre. Grazie ad esperienze dirette da parte del pubblico lo scopo é di andar oltre alla semplice visita in mostra ad esempio con un programma di lezioni settimanali in cui invitiamo autori, docenti, giornalisti e artisti ad affrontare gli argomenti della mostra in corso da prospettive diverse. Abbiamo elaborato un progetto di mediazione culturale che mira ad assottigliare le barriere che dividono il pubblico dalle ricerche svolte in contesti accademici che dalle produzioni artistiche presentate al CCCS. L’obbiettivo è quello di rendere lo spettatore protagonista di un’esperienza a diretto contatto con l’arte e la cultura di oggi, all’interno di una vera e propria piattaforma multidisciplinare. La varietà di servizi al pubblico – sia adulto che in età scolare – che ci impegniamo ad offrire sono la testimonianza di questo nostro intento.
4) E’ difficile “lavorare” con la cultura contemporanea a Firenze?
Ogni realtá ha le sue particolaritá e caratteristiche che vanno osservate e capite. Il compito di un’istituzione come la nostra é quello di saper cogliere le esigenze della cittadinanza e le particolaritá del territorio per creare un programma di attivitá che da un lato dia impulsi innovatori e dall’altro funzioni in una logica di ‘servizio’ per la cittadinanza. Dopo appena tre anni della sua apertura constatiamo con gioia che il CCCS é stato accettato come il punto di riferimento per la contemporaneitá in cittá.
5) La mostra in corso è appena iniziata, immagino che stiate già lavorando per la prossima, che cosa verrà proposto in futuro?
Il 19 febbraio 2011 inaugurerá la seconda edizione del premio Talenti Emergenti, creato dalla Fondazione Palazzo Strozzi per attirare l’attenzione di critica e pubblico nei confronti della giovane arte italiana. Una giuria di 4 curatori italiani (Luca Massimo Barbero, MACRO, Roma; Chiara Bertola, HangarBicocca, Milano; Andrea Bruciati, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Monfalcone; Giacinto Di Pietrantonio, GAMEC, Bergamo) ha individuato i 16 artisti protagonisti della mostra, che costituirà un’occasione per promuovere il loro lavoro e uno stimolo per il pubblico a scoprire nuovi talenti e tendenze artistiche. Il vincitore sarà selezionato da una giuria internazionale, composta da Achim Borchardt-Hume (Whitechapel Gallery, Londra), Barbara Gordon (PS1, New York), Adam Szymczyk (dir. Kunsthalle Basel). Gli artisti nominato sono Giorgio Andreotta Calò, Meris Angioletti, Riccardo Benassi, Rossana Buremi, Ludovica Carbotta, Alessandro Cerasoli, Loredana Di Lillo, Patrizio Di Massimo, Valentino Diego, Luca Francescani, Invernomuto, Margherita Moscardini, Giovanni Ozzola, Antonio Rovaldi, Alberto Tadiello, Luigi Presicce.
Dal 22 maggio 2011 presentermo la mostra “Identitá Virtuali”. Di pari passo al crescente ruolo delle tecnologie digitali, si sono affermate nuove forme di comunicazione che hanno portato al bisogno di un ripensamento del concetto di identità, sotto la pressione del conflitto tra privacy e condivisione, diritto alla libertà individuale e bisogno di sicurezza collettiva. La mostra presenta opere e installazioni multimediali che permettono di riflettere sulle implicazioni politiche, sociali e culturali – ma anche sulle conseguenze a livello della vita personale – delle “identità virtuali” con cui sempre più spesso affrontiamo la realtà.
Emergenze
Di Melina Ruberti
Piccole perle dalla Biennale di Architettura
Tra le cose che mi hanno più colpita alla Biennale di Venezia figurano opere che danno nuove “consistenze” ed ulteriore “spessore” ai processi della comunicazione.
Borderline Architecture – Padiglione Ungheria
Infinite matite disposte nei modi più incredibili ed ancora tutte da appuntare sembrano attendere con impazienza i loro prossimi utilizzatori.
E’ uno spazio universale del disegnare e, in senso più generale, del lasciare una traccia. Il concetto dell’esposizione si basa sulla nozione – ovviamente soggettiva – che l’universo rappresentato dalla LINEA colma necessariamente la differenza che sta tra le architetture delle singole nazioni. Gli autori si dicono convinti che l’atto del disegno sia il comune denominatore dell’attività quotidiana dell’architetto. Il disegnare è lo spazio comune Le persone si incontrano nel disegno
Decay of a Dome – Amateur Architecture Studio
La costruzione razionale diviene una costruzione nastica, ovvero propria dello sviluppo delle curvature degli organi vegetali. L’autore ha intitolato l’opera Decay of a Dome.
La struttura si basa su un unico principio: vi si impiegano solo pezzi di legno del medesimo tipo e con un’identica sezione. Alla fine l’opera risulta essere una esplosione di strutture di legno, tipico materiale utilizzato nelle costruzioni architettoniche, che sembra fluttuare nel cielo seguendo lo sviluppo tipico dei rami dell’albero da cui in fin dei conti proviene.
Bosco di Architettura –Studio- Andrea-Branzi
Negli ultimi anni il lavoro dello Studio Andrea Branzi si è concentrato soprattutto sulla ricerca di nuovi modelli deboli di urbanizzazione; modelli teorici che cercano di interpretare le condizioni sociali e funzionali del XXI secolo .In questo plastico si riscontrano alcuni dei principi basilari della completa libertà in funzione della quale la città del futuro potranno/dovranno essere continuamente “ri-pensate, ri-adattate, ri-progettate”.
Now Interviews –Hans Ulrich Obrist
Ho trovato molto interessante l’installazione che consente di fruire, fianco a fianco con molti altri utenti, le oltre 2000 ore di interviste dedicate alle svariate curiosità del mondo realizzate da Hans Ulrich Obrist.
Si tratta di interviste di un vero e proprio fuoriclasse alle menti più interessanti della contemporaneità che toccano ogni possibile curiosità di chi ha sete di conoscere.
La disposizione delle postazioni assicura ad un tempo la possibilità della massima concentrazione e quella della massima condivisione e confronto.
Cloudscapes – Transsolar & Tetsuo Kondo architects
La capacità di camminare attraverso le nuvole, di toccarle, di sentirle è un concetto tratto da molte delle nostre fantasie. Mentre su, in alto, al di sopra della terra, guardiamo all’esterno, attraverso il finestrino dell’aereo, immaginiamo spesso nella nostra mente come potrebbe essere la vita in quell’etereo mondo di soffici vapori.
La spazializzazione proposta da Cloudscapes mira proprio a sottolineare l’aspetto ludico, felice ed incantato dell’incontro con l’insolito e con gli altri: assorbendo i corpi in una spessa cortina che ci induce alla ricerca di nuove presenze, al cospetto delle quali – è inevitabile – scatterà un sorriso complice.
PLAY PLEASE!
di Melina Ruberti
La nuova produzione di teatro per ragazzi della compagnia teatrale pratese TPO
Presentata a Parma l’11 Novembre nell’ambito della rassegna Zona Franca – Festival di creazioni artistiche per un pubblico giovane, Play Please! è una sorta di commedia game ad alto grado di interattività dedicato agli spettatori più piccoli che, è proprio il caso di dirlo, “suonano con i piedi” e non solo.
Il Teatro delle Briciole nella splendida cornice del Parco Ducale è un azzuffarsi di voci, corse a perdifiato dal pulmino della scuola per non arrivare tardi; via le scarpe, timbri colorati sulle mani per distinguere i 4 gruppi nei quali sono raccolti i giovani spett-attori; un fluire brulicante ma non troppo rumoroso sulla scena, la presa di possesso delle rispettive postazioni ed – è questo proprio il caso di dirlo – si aprono le danze.
Immaginiamo di essere all’interno di un grande strumento musicale e immaginiamo che il nostro movimento possa creare musica e disegni nello stesso tempo con la semplicità di un gioco… “Play” in inglese vuol dire tante cose: “giocare“, “suonare“, ”fare teatro”. Quindi, giocando e suonando, il grande strumento nel quale ci troviamo diventa una piccola fabbrica di suoni, dove tutti i bambini sono invitati a partecipare e sperimentare il gesto come forma di composizione, esercizio creativo per una partitura musicale collettiva.
PLAY PLEASE! creato dalla compagnia TPO è un vero e proprio atelier musicale composto da postazioni interattive “luminose”: apparentemente c’è solo la luce dove ci muoviamo, ma questa è sensibile, grazie a sensori che, come corde di una chitarra impalpabile, trasformano i nostri movimenti in suoni e immagini. Si suona e si dipinge con la luce, ma anche con corde luminescenti o altri oggetti-giocattolo, e più semplicemente con le mani o tutto il corpo, in un ambiente predisposto a mettere in moto la voglia di curiosare, giocare e creare, propria dei bambini.
Preludio:
Il filo conduttore di questo “laboratorio dei suoni luminosi” è un ritornello che viene continuamente rincorso attraverso un itinerario teatrale suddiviso in quatto tempi che rappresentano a loro volta quattro fasi di una composizione che verrà ultimata alla fine del gioco.
I tempo “Le Percussioni”
I suoni impulsivi, ritmati, sono il primo ingresso nel mondo della musica, il modo più semplice e intuitivo per comunicare con il corpo in un gioco di associazione tra gesto e timbro musicale. E’ un tempo che stimola un salto, una giravolta, una danza.
II tempo “L’Atmosfera”
La musica nasce da un’atmosfera, un “mood”, uno stato d’animo… per sognare di essere un gatto che gioca con un gomitolo, una lunga corda che rotola e si srotola, un’onda sonora che avvolge e coinvolge.
III tempo “La Melodia”
Il punto d’incontro tra suono e ritmo è la melodia, e allora per questo seguiamo il canto degli uccellini in un giardino di mattina: loro, tutti insieme, senza prove o arrangiamenti, compongono melodie spontanee
IV tempo “La Voce”
Ecco che arriva un microfono: è uno strumento e va suonato con la voce; escono le parole, a volte vanno per conto proprio a volte invece si ricompongono e (sulla melodia) si mettono in rima. Ora possiamo cantare, possiamo suonare; allora tutti in piedi, la nostra canzone è pronta: “Play Please!”
POSTHUMAN ACTIONISM PORTRAIT
concept casaluce/geiger :::synusi@ cyborg
GUEST MARCO TESTINI
Tutte le foto sono di Teresa Romano
SCHEDA PORTRAIT
Marco Testini
Sogna di vivere a Berlino e prima ancora di realizzare il ‘famoso’ sogno americano trasferendosi negli USA.
Nel frattempo il giovane artista vive a Bari, con la sua famiglia formata anche da un cane che si chiama Briciola, due ratti inseparabili, Rupy e Wanda, una dozzina di pesci ed un granchio di acqua dolce.
Ha studiato chitarra blues, il suo autore preferito è Stevie Ray Vaugan, ed ascolta volentieri rock funk come quello del chitarrista Tomo Fujita.
Al Light Vision di Seveso, ha appena presentato il suo lavoro LABBRAMAGNETICHE recensito su Playboy.
Nella sua ricerca artistica predilige l’interazione diretta con il fruitore attraverso social-network, blog, etc.
Sta preparando una tesi di laurea che esplora tematiche che vanno dall’arte relazionale allo studio del feticcio artistico.
Non sopporta l’ignoranza legata ad una profonda presunzione e gli piace da impazzire tutto ciò che è tecnologia.
Si riconosce in una frase tratta dal film di Bud Spaencer : Non c’è più cattivo di un buono quando diventa cattivo’.
MarcoTestini blog:http://marcotestini.tumblr.com/
Labbra Magnetiche: http://www.labbramagnetiche.blogspot.com/
Caricature: http://m4t3caricature.blogspot.com/
Casaluce/Geiger : Come inizi la tua giornata tipo?
Marco Testini: Con una semplice tazza di latte senza zucchero e controllando tutti gli aggiornamenti sul PC 😉
CG: Adori tutto quello che è high-tech, tecnologia, ma mi hai appena raccontato che adori il gioco dell’aquilone al quale ti ci dedichi nel tempo libero. Come mai?
MT: Mi regala la sensazione di dominare il vento!
CG: Joseph Chilton Pearce sostiene che Per vivere una vita creativa dobbiamo perdere la paura di sbagliare. Mi daresti una tua definizione di creatività?
MT: La creatività è una dote che tutti possediamo, che dal mio punto di vista bisogna però saper coltivare e farla maturare in relazione alle proprie capacità. Sicuramente nel mio caso gli studi artistici sin dal liceo mi hanno aiutato particolarmente a captare determinate circostanze per esprimermi con semplicità e coerenza.
CG: Anche la scienza ha una sua forma di creatività e di sperimentazione. Brite Kevin Warwick conosciuto per le suoi innesti high-tech nel corpo umano, ha dichiarato di volersi innestare un chip che prenda ordini direttamente dal suo sistema nervoso, rendendo sempre più vicino alla quotidianità , l’uomo cibernetico. Questo ti affascina, ti spaventa o pensi che sia un processo inevitabile?
MT: Mi affascina l’elettronica, la cibernetica, credo che saranno elementi che potranno sempre essere d’aiuto per l’uomo. Spetterà a noi deciderne l’uso, corretto o errato. Per ora tutto questo non mi spaventa.
Ultimamente stanno trasmettendo in tv Persons Unknow, una serie televisiva statunitense che racconta di un gruppo di estranei rapiti e portati in una città “fantasma”, tutti sorvegliati da videocamere 24/24 h. Nella gamba di ciascuno vi è un chip che sprigiona un siero velenoso nel caso in cui ci fosse un tentativo di fuga.
Un Grande Fratello estremizzato potrebbe esistere in un futuro per noi prossimo?
CG: In tutte queste visioni fantascientifiche, pensi che ci stiamo avvicinando ad un modo di distruggere la malattia e forse la vecchiaia?
MT: È grazie alla ricerca ed all’evoluzione che ora non siamo più piegati su noi stessi intenti ad accendere un fuoco e/o a masticare carne cruda, quindi, perché no?! Chi vivrà vedrà!
CG: Nel farti gli auguri per il tuo compleanno, colgo l’occasione per chiederti qualcosa in relazione al tempo: Ray Kurzweil sostiene che noi potremmo vivere oltre 300 anni e che sarà possibile ‘trasferire’ la nostra mente tecnologicamente al punto da trasformarla in qualcosa di ‘eterno’. Un tuo parere?
MT: Sì, penso che tutto questo sia possibile, come anche riuscire a sfruttare tutte le capacità del nostro cervello. So che già da qualche tempo si sta lavorando al trasferimento della nostra mente in un database eterno con l’aiuto di macchine fotografiche, registratori e palmari pronti a catturare ogni minimo particolare di vita quotidiana. Mi chiedo se in futuro sarà possibile registrare anche odori o sensazioni…
CG: … e dopo aver spento le candeline sulla torta , come regalo, cosa ti piacerebbe scartare?
MT: Un lavoro sicuro e duraturo e che mi dia la possibilità di continuare a fare quello in cui credo!
CG: Cosa ti incuriosisce e cosa ti spaventa dello scenario futuro?
MT: Quello che m’incuriosisce particolarmente, prendendo spunto dai racconti dei classici di fantascienza (come Star Trek), è il teletrasporto: mezzo alternativo per raggiungere varie destinazioni con velocità pari o superiore a quella della luce. Per ora utopia, oppure no?
E’ diventato soggetto di ricerca dei fisici di tutto il mondo che operano nel campo della meccanica quantistica. Quello che mi spaventa del futuro di sicuro ancora non esiste. Mi potrebbero far paura pensieri negativi elaborati dalla mia mente, nonché la mia stessa immaginazione.
CG: Collegandomi invece al tuo lavoro LABBRAMAGNETICHE ed all’estensione della vita sentimentale/sessuale nel virtuale; come vedi l’espressione dell’amore, in genere, se nel futuro gli studiosi pensano che ogni esperienza – attraverso gli impianti elettronici – che avremo nel nostro sistema nervoso non potrà più essere distinta dalla nostra mente?
MT: L’amore per me è bello viverlo con la parte istintuale, reazioni chimiche, odori, ricordi, gesti.
In futuro non so se potrei preferire di cambiare questo modo di vivere l’amore.
Per quanto riguarda il mio lavoro, potrebbe essere un ulteriore modo per trasmettere l’amore in una maniera un po’ diversa dai classici canoni. L’amore è anche affetto. Questo può essere trasmesso tramite un bacio, e/o perché no (?! ), attraverso un gadget comperato online ed inviato poi al destinatario…
Magari come fosse un sms, una e-mail, una richiesta di amicizia su Facebook!
CG: A proposito di Facebook ! È appena uscito The Social Network un film sull’enfant prodige , Mark Zuckerberg e Catfish, un documentario su una disavventura che ha toccato realmente un utente di Facebook.
Il filoso D.E. Wittkover nel suo libro Facebook and philosophy ipotizza che, ben presto, le relazioni umane possano diventare un bene di consumo come tanti altri.
Anche tu avrai un tuo profilo FB: tre aspetti che consideri positivi e 3 che invece ti preoccupano.
MT: 1) L’immediatezza della comunicazione.
2) La maggiore spontaneità ,a volte, dietro un pc.
3) La praticità di controllo anche da una postazione mobile.
1) Il fornire i nostri dati personali agli addetti ai lavori quasi senza rendersene conto.
2) Le immagini caricate diventano di proprietà del social network.
3) Mi preoccupa un eventuale controllo della chat.
CG: Mi scriveresti un brano di un libro che ti piacerebbe condividere?
MT: […] il nuovo programma dell’arte parla semplicemente di una pratica artistica che non perde di vista se stessa e neppure quell’orizzonte culturale di massa che forma noi tutti […] L’arte dopo la filosofia J. Kosuth
CG: Il tuo senso della vita.
MT: Riuscire a cogliere tutti gli attimi della vita quotidiana: sono un punto di partenza per tutto quello che deve avvenire.
CG: Il tuo senso di essere artista.
MT: J. Beuys diceva che ogni uomo è un artista, in quanto capace di poter vivere la vita con creatività.
Penso di vivere per l’arte e quello che mi aiuta è proprio questa volontà di vivere, appunto, una vita creativa.
Realtà aumentata, ok (e il valore?)
Di Stefano Adami
Di la dal mare li chiamano “hype”.
Sono le ondate semi-maniacali che glorificano l’ultima tendenza in tema di tecnologia, ma non solo.
Hanno vita media di un anno o poco più ma riescono a far danni, se influenzano le scelte di vita o di impresa dei più sprovveduti.
Molti dei “fan”, spesso i più superficiali, si trasformano allora in detrattori.
E via col prossimo hype.
Sul finire degli anni ’80, ad esempio, la realtà quotidiana, quella “che si tocca” sembrava destinata a volatilizzarsi.
Era il momento della “realtà virtuale”: uscita dai circoli delle teste d’uovo, subito applicata nel settore del gaming e presto amplificata da produzioni cinematografiche e riviste trendy.
Nel lungo periodo invece le persone e gli ambienti seri, lontano dalle grancasse mediatiche, lavorano per creare vero valore o per rivisitare criticamente le diverse fiammate.
La sfida oggi non sembra più quella di infilare a sei miliardi di persone un Head Mounted Display o un Virtual Glove, ma piuttosto sovrapporre alla visualizzazione degli oggetti reali un “layer” di informazioni utili.
In altri termini, si sta provando ad “aumentare” gli oggetti con altri oggetti, virtuali, consistenti ai primi per contenuto o per il semplice fatto di essere in prossimità.
“Dal pollice oppo-nibile all’informazione dispo-nibile”, verrebbe da dire.
In soldoni, una qualunque applicazione di Augmented Reality (AR) ha bisogno di un dispositivo di acquisizione di immagini, di una connessione in rete e di un dispositivo di visualizzazione.
Per farsi una prima idea sullo stato dell’arte è sufficiente la classica ricerca su Google, nemmeno avanzata (magari in inglese, però).
Non serve nemmeno una laurea in ingegneria per capire che la stragrande maggioranza delle applicazioni conta di far leva sulla diffusione ormai esponenziale degli smart phone (et similia).
Come ogni paradigma trasversale, però, la AR inizia a dare soddisfazioni su molti fronti e “ora si tratta di darle un valore economico”, per dirla con Bruce Sterling (nella Key Note di apertura di are 2010 – Augmented Reality Event, Santa Clara, CA, Bruce ha usato l’espressione “to make money of that”, ma sono americani, si sa).
Le esperienze più note, soprattutto per i corporate brand che le hanno promosse, si riferiscono fra gli altri a Toyota, General Electric, Coca Cola.
Altre esperienze, meno vistose ma non meno utili, si rivolgono ai contesti professionali dove l’accesso e la selezione di informazioni critiche devono avvenire in condizioni estreme. Un esempio per tutti: le applicazioni di supporto alla manutenzione.
Sulla scala della complessità il progetto SixthSense, di Pranav Mistry, al MIT Media Lab può essere considerato una pietra angolare, almeno per chi scrive.
Anche da lato dell’offerta, e quindi di chi investe scommettendo sul futuro, non si stanno muovendo solo brillanti “garage-start-up” tipo Total Immersion (recentemente partner di Adobe). Anche grandi player dell’ICT come Qualcomm e Samsung, oltre alla solita Apple, hanno messo sulla AR uno dei loro focus strategici.
Quindi, quali sono gli ambiti in cui la AR potrà dare maggior valore e -soprattutto – a chi?
Uno dei luoghi dove portare riflessioni trasversali e confrontarsi senza pregiudizi “di casta” è la UX Conference organizzata ogni anno a Lugano dalla Sketchin di Luca Mascaro.
Con Stefano Bussolon (che insiste a definirsi ballerino di tango ma è docente di Scienze cognitive all’Università di Trento) abbiamo provato ad identificare una serie di riferimenti generali e ci siamo confrontati – litigando spesso – sugli “strumenti” che le rispettive discipline possono attivare per inquadrare il tema.
Ci siamo dati un vincolo, però: lo sforzo di capire non è rivolto ad affinare tecnicismi volti a sfruttare i meccanismi e le debolezze psicologiche dei potenziali utenti.
E’ ancora Jaron Lanier, almeno per quanto ci riguarda, a dare la linea col suo “You are not a gadget”.
Oltre a discussioni esilaranti sulla definizione del termine “marketing” ed al ricorso ai riferimenti più eterodossi (passerà alla storia il suo “anche le formiche ‘taggano’”) Stefano propone una griglia di riflessione “a monte” delle soluzioni tecnologiche di AR.
I processi decisionali posti in essere dagli esseri umani non si limitano ad acquisire e selezionare informazioni dall’ambiente e pongono in essere anche le cosiddette “azioni epistemiche”. Banalizzando, si tratta di comportamenti volti ad aumentare le informazioni pertinenti al raggiungimento dello scopo (es. una decisione d’acquisto) e a migliorare i processi decisionali futuri.
Poi lui, Stefano intendo, pone la domanda: “la cognizione è ‘intra-cranica’ o anche ‘nel mondo’?” (e tutto ciò è bellissimo)
Si perché, letta nella dimensione del coinvolgimento, la AR apre un mondo di opportunità anche da quel punto di vista che noi markettari chiamiamo “esperienziale”.
Un tentativo allora è quello di mappare alcune realizzazioni di AR in base al prevalere delle motivazioni d’uso (razionale/emozionale) ed al corrispondente livello di “naturalità” (inversamente proporzionale allo “sforzo attivo” richiesto al potenziale utente).
Chi è predisposto all’utilizzo della AR e –soprattutto – per fare che cosa?
Sul tema esiste e si sta affinando un intero set di strumenti. Fra questi il rapporto annuale dell’Osservatorio multicanalità (Nielsen-MI-Connexia). Da tre anni le attitudini degli italiani vengono monitorate in base alla predisposizione verso i canali informativi tradizionali e all’investimento posto in essere per i processi d’acquisto. I raggruppamenti piu’ “evoluti”, almeno nell’uso delle tecnologie per le decisioni d’acquisto sono i cossiddeti “open minded” ed i “reloaded”. Non saranno tutti techno-fan, ma rappresentano già il 40% della popolazione. Un buon 20% poi costituisce il cluster dei “tradizionali coinvolti” (potremmo anche definirli “i prossimi migranti digitali”).
Ecco allora che anche alcune interessanti esperienze italiane trovano una collocazione ed un orizzonte di sviluppo.
Quella indirizzata da Dario De Judicibus, ad esempio, che nel ruolo Fashion Industry Leader di IBM Italia di sostiene sia arrivato il momento di “smetterla di giocare”.
Chi, come Dario associa la competenza tecnica allo sforzo di visione punta a realizzazioni semplici e “naturali”. Il mercato, almeno quello delle aziende che rischiando sono disposte ad “uscire dal coro”, sta apprezzando le proposte ed i prototipi presentati a Segrate, l’estate scorsa.
E ancora: Mauro Rubin, ormai un’autorità in Italia, nonostante l’anagrafe, con la sua Joinpad.net. In occasione dell’ultimo MovieCamp, il 3 novembre a Roma, Mauro ha presentato le realizzazioni compiute per attori del calibro di MTV e Warner Bros. Ma quel che conta, almeno per chi scrive, è che Mauro si muove e presenta la propria iniziativa con onestà intellettuale: “per alcune cose la AR va bene, per altre c’e’ ancora molto da fare e la tecnologia non basta”.
E se lo dice lui …
Crediti:
Leandro Agrò ( www.leeander.com )
Stefano Bussolon (www.bussolon.it)
Dario De Judicibus (www.dejudicibus.it)
Luca Mascaro (www.lucamascaro.info)
Risorse:
Stefano Adami, Stefano Bussolon, Contaminazione di competenze per l’Augmented Reality: aspetti cognitivi e valenze marketing, proceeding UX Conference, Lugano 9.10.2010 (www.slideshare.net/UXconference/contaminazione-di-competenze-per-laugmented-reality-aspetti-cognitivi-e-valenze-marketing)
Bruce Sterling, keynote ad Augmented Reality Event (are 2010), Santa Clara, CA, 2/3.6.2010
Mario Gerosa e Giampiero Moioli, Brera Academy Virtual Lab, Franco Angeli, 2010
Jaron Lanier, You are not a gadget, Knopf NY, 2010 (ed. it. Tu non sei un gadget, Mondadori, 2010)
Kristina Grifantini, Faster Maintenance with Augmented Reality, (www.technologyreview.com/computing/23800)
Pranav Mistry, sixthsense Fluid Interfaces Group, MIT Media Lab (www.pranavmistry.com/projects/sixthsense)
Mauro Rubin, Mixed Reality – quando l’immaginazione diventa reale, MovieCamp, Roma, 3.11.2010
(www.slideshare.net/MovieCamp/mixed-reality-quando-limmaginazione-diventa-reale)
Digiarte supera i suoi “confini” e pensa al 2013
di Costanza Baldini
Dopo una settima edizione alla riscoperta dei confini mentali e fisici, la manifestazione con sede a Sesto Fiorentino fa progetti per il futuro
Successo mediatico e di pubblico per la settima edizione di Digiarte appena conclusa a Sesto Fiorentino.
Digiarte è una manifestazione internazionale di arte contemporanea nata nel 2004 per volere di Lorenzo Guasti che ha come focus la ricerca artistica tramite la fotografia digitale, la computer graphic, la musica digitale, la video-art ed ogni altra espressione artistica che utilizzi le nuove tecnologie. Negli ultimi anni sono state esposte opere di artisti di fama mondiale come il collettivo Reactable, Daniel Lee, Margot Quan Knight, David J. Nightingale, Ryan Gallagher, Sébastien Pérez-Duarte, Merkley, Eliot Shepard, Cyntia Karalla, e artisti italiani giovani e di talento come Caterina Pecchioli, MaggieKS, Paolo Carta, Francesco D’Isa, Daniele Cascone, Ciboideale che hanno così avuto, tramite Digiarte, la possibilità di stampare ed esporre le proprie opere. Ogni anno sono stati organizzati convegni a tema con ospiti internazionali come il fotografo Massimo Vitali o Marcel–li Antunez Roca fondatore della Fura dels Baus che hanno raccontato la loro esperienza e condiviso la loro visione dell’arte.
Digiarte ha anche ospitato alcuni progetti di ricerca e sperimentazione tra cui il Reactable nel 2007 e il concerto per iPhone e violino nel 2009.
Digiarte è stata inoltre inserita nel “Digi-Arts Unesco Knowledge Portal“, portale che raccoglie per conto dell’UNESCO documentazione dei progetti di maggior interesse a livello mondiale nell’ambito delle arti digitali ed è sostenuto dalla Regione Toscana attraverso il Piano Integrato della Cultura, all’interno di “Una rete regionale delle culture per la contemporaneità”
L’idea di partenza della settima edizione di Digiarte è stata la riflessione di quindici fotografi sul tema dei “confini” mentali o fisici. Logu ha presentato una serie di fotografie dal titolo Ritorno alle radici, ispirate al confronto tra l’uomo e la natura e al discusso film di Lars Von Trier Antichrist. La fotografa turca Melisa King ha ritratto in scorci nascosti di Firenze alcune “casalinghe disperate” scappate dalle loro case nel progetto Che cosa accadrebbe se vivessimo fuori? (What would happen, if we would live in outside?). Mirko Turatti ha presentato a Digiarte 2010 Eden, scatti realizzati nel remoto paesaggio irlandese in cui vengono esplorati i confini di una natura esplosiva. Tematiche scottanti invece per le opere di Leonardo Perugini che si è interrogato sul confine tra giudice e imputato in casi di aborto, eutanasia e pedofilia. Protagonisti degli scatti dell’esordiente Valentina Massimino, alcuni “personaggi al confine”, inaspettati outsider che vivono sulla loro pelle un confine sociale, mentale ed esistenziale. Infine, i fotografi dello Staff Deaphoto hanno presentato una fase del progetto Notturni Urbani, cominciato nel 2004. Fotografie realizzate di notte in alcune aree periferiche residenziali e commerciali, di comunicazione e di transito del comune di Sesto Fiorentino. Nodi nevralgici abbandonati dal traffico e dagli uomini, e che mostrano gli aspetti più malinconici e desolanti della città diffusa.
Ospite speciale di Digiarte 2010 Benoit Paillé che ha esposto la serie Rainbow Gathering, con cui il fotografo canadese ha descritto la vita quotidiana di una delle più note comunità alternative americane, che vive ancora oggi in totale armonia con la natura.
«Questa settima edizione dedicata ai confini – ha spiegato il consigliere delegato alla cultura di SestoIdee, Massimo Rollino – è la conferma di come questa manifestazione stia dando un importante contributo culturale alla realtà del nostro territorio. Si tratta di una forma d’arte non ordinaria che spazia in mondi innovativi, riuscendo a riservare emozioni e contributi di arricchimento culturale per chi andrà a vedere la mostra. In un momento di difficoltà economica di tagli alla cultura – ha proseguito – consideriamo importante il coraggio di investire risorse, idee e tempo in progetti come questo, siamo quindi orgogliosi di aver dato il nostro patrocinio all’evento».
Per il futuro Digiarte sta già lavorando all’edizione 2011 che avrà come tema “Under 15, over 60: nati digitali o divenuti tali”. Per il 2013 Digiarte realizzerà oltre alla mostra annuale una grande retrospettiva sui primi dieci anni della manifestazione. La sede di questa retrospettiva è ancora in via di definizione ma sono state aperte trattative con il Lucca Digital Photo Festival e il Centro di Cultura Contemporanea La Strozzina di Firenze.
Per informazioni: tel. 3392820892 www.digiarte.info digiartepress@gmail.com